Ferite antiche

La morte di Giulia Cecchettin, uccisa dal suo fidanzato Filippo Turetta, approfondisce e getta sale su una ferita antica e mai rimarginata: l’abisso relazionale tra maschile e femminile nella nostra società. 

Parlo in senso ampio, non ridotto solo alla relazionalità uomo-donna. Mi riferisco all’intera armonizzazione del principio maschile con quello femminile, a quella sintesi tra poli diversi che sembra non riuscirci più come civiltà. 

Abbiamo i cellulari che ci scoppiano di notifiche, le dating app che ci permettono di scopare ogni sera con un partner diverso, siamo sempre interconnessi eppure siamo sempre più soli: we are lonely together, siamo soli insieme, diceva un grande maestro buddista contemporaneo. 

Dove resistono, spesso le relazioni sono centri di soffocamento, covi di serpenti pieni di morsi velenosi che si incistano nell’anima e ci inculcano a suon di delusioni che l’amore è solo un’illusione con cui giustifichiamo e diamo una narrazione illusoria alla nostra pulsionalità. 

Nei casi più estremi, compromessi, tossici, arrivano controllo, potere, conflitti, e, nel peggiore degli scenari, la violenza e addirittura l’omicidio, che come sappiamo spesso purtroppo colpisce le donne. 

Il problema è profondo, complesso, articolato. 

Abbiamo abbandonato il codice relazionale, legato alla religione cattolica, che per duemila anni ha regolato la nostra relazionalità, i nostri matrimoni, le nostre famiglie. 

Aveva, lo sappiamo, limiti enormi: non possiamo tornare indietro, ma allo stesso tempo siamo consapevoli che non possiamo neanche fermarci a metà strada qui, in questo limbo allucinante, in questa solitudine da dating app per difenderci da relazioni traumatiche che evitiamo sempre di più, sommersi dal vuoto e dal profondo silenzio del regno delle voglie del nostro ego. 

Si tratta di trovare un nuovo modo di relazionarci tra uomini e donne per il 21esimo secolo. Niente di meno. Tante sfide cruciali passano da questo, non ultima la sfida della sempre più impressionante mancanza di nuove vite per l’assenza dei figli. 

Giacomo Fagiolini

 

 

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