Vaccini e polemiche
Negli anni ‘50 – all’epoca ero bambino – era obbligatoria la vaccinazione antivaiolosa. Il nostro medico di famiglia non la somministrò né a me né ai miei fratelli, e ci rilasciò una falsa certificazione. Sosteneva, infatti, che il rischio di morire di vaccino (o, peggio, di restare invalido per i postumi di un’encefalite) era superiore a quello di contrarre il vaiolo, che in Europa era scomparso da tempo.
Negli anni ‘70, l’antivaiolosa era ancora obbligatoria nelle forze armate. Ma, al mio corso allievi ufficiali medici, veniva fatta per finta. Anzi, ci venne insegnato (sottovoce, ovviamente, ma con molta chiarezza) che bisognava fingere di farla – a dispetto dei regolamenti – ai militari che avremmo avuto in cura, perché il rischio di morte e di malattia era superiore per il vaccino, che non per il vaiolo, ormai praticamente scomparso dal mondo.
Questo mi ha insegnato che non sempre il dettato delle leggi sanitarie è adeguato alle reali necessità, e mi ha indotto ad informarmi bene sui testi di medicina, prima di credere alle disposizioni ministeriali.
In questi giorni, il governo ha lanciato un’importante campagna di vaccinazioni di massa. Le intenzioni, apparentemente, sono buone: tutelare la popolazione dal rischio di malattie gravi come la meningite e la sepsi fulminante da pneumo e meningococco. Ne è nata una polemica tra sostenitori ed oppositori dei vaccini. In particolare, vi è una corrente di pensiero che imputa alle vaccinazioni un danno alla salute e, in particolare, il vertiginoso aumento delle malattie allergiche – tipo asma e celiachia – e dei casi di autismo.
Gli schieramenti sono piuttosto radicali.
Per alcuni (vedere il sito del Ministero della Salute, www.salute.gov.it, FAQ) il rischio è praticamente inesistente; addirittura, altri sostengono che l’encefalite post-vaccinica sia una bufala, una leggenda metropolitana; altri ancora (in particolare alcuni gruppi di medici omeopati) sostengono che la pratica vaccinale, come prevista nel nostro Paese, sia più dannosa che benefica.
Ci si sente, inevitabilmente, molto confusi. Anche io, pur essendo medico, ho più dubbi che certezze. Allora sono andato a consultare PubMed, che è la biblioteca on line più accreditata e seria al mondo. Vi sono ospitate solo pubblicazioni medico-scientifiche autorevoli, perché vagliate da un comitato redazionale qualificato, che ha il compito di respingere gli articoli non suffragati da solidi elementi di prova. Insomma, si tratta di una cosa molto seria: il deposito delle conoscenze mediche ufficialmente accettate in tutto il mondo.
Che cosa si dice sull’argomento?
Per prima cosa, un articolo su Healt History del 2010 esamina un problema cruciale della medicina dei nostri giorni: le malattie iatrogene, cioè quelle provocate dalle cure mediche. Tra queste, prende in esame – come particolarmente significativa – l’encefalite post vaccinica, che, lungi da essere una bufala, è considerata un problema serio. Quasi un paradigma delle malattie iatrogene.
In passato, la regola aurea della medicina era: primum non nocere (prima di tutto non nuocere). Oggi, questa regola così semplice, si è modificata, relativizzandosi, nel senso di valutare e soppesare rischi e benefici. Una cura può essere accettata, se il beneficio è realmente superiore al rischio che essa comporta. Per esempio, di fronte al rischio di contrarre una malattia infettiva, la vaccinazione è accettabile, se i suoi effetti avversi sono meno frequenti e meno gravi dei danni connessi alla malattia. Ma non ci si può illudere che la vaccinazione sia priva di rischio.
Diversi articoli riguardano le encefaliti post vaccinali nell’infanzia, che vengono trattate come cosa nota. D’altronde, il nostro ministero della salute ha recentemente riconosciuto un indennizzo per un caso di questo tipo. Non conosco il numero dei casi analoghi, ma so – per conoscenza diretta – che questo non è l’unico. Certo – e meno male! – si tratta di casi sporadici, ma non si può far finta che non ci siano.
Un articolo segnala un caso di encefalite (mortale) in un adulto, che aveva ricevuto 7 vaccini in due mesi. Gli autori, dopo una review dei casi di encefalite post vaccinale (sì, quella che non esiste!), sottolineano come la somministrazione di vaccini multipli ne sia la causa più verosimile e concludono che sarebbe bene lasciare un adeguato lasso di tempo tra le vaccinazioni.
Un recente lavoro di autori italiani (J Immunol Res, 2015) identifica una frazione proteica del virus della polio – caratterizzata dal non avere nulla in comune con le proteine umane e dall’essere presente in tutti i ceppi virali – che potrebbe essere usata come vaccino. Si potrebbero così immunizzare le persone senza usare il DNA virale. Ciò per evitare due ben noti problemi: la poliomielite post vaccinica e la possibilità di reazioni autoimmunitarie, ritenute la probabile causa dell’encefalite post vaccinale.
Ma non voglio essere troppo noioso, perciò passo a un discorso meno tecnico.
In Italia vi sono quattro vaccinazioni obbligatorie (difterite, tetano, poliomielite ed epatite B), mentre si raccomanda la vaccinazione per morbillo, parotite, rosolia, influenza, pneumococco e meningococco. Sul sito del Ministero, nelle FAQ, si afferma che le vaccinazioni “sono sicure” e non si fa alcun cenno al rischio di encefalite (che la letteratura medica considera acclarata e il ministero non riesce a vedere).
Oggi, poi, si profilano provvedimenti per escludere da scuola, asili e ludoteche i bambini che non abbiano fatto le vaccinazioni facoltative (tuttavia non le si vuole chiamare obbligatorie: forse per non pagare i danni?).
In realtà, come si è visto, la numerosità dei vaccini è considerata particolarmente rischiosa. Per questo, non si può introdurre una obbligatorietà surrettizia. La libertà di scelta per i vaccini facoltativi non può essere in alcun modo coartata, proprio in virtù del fatto che le reazioni avverse – anche gravi – esistono e sono da temere soprattutto in caso di vaccinazioni multiple.
La vaccinazione antipolio è probabilmente non necessaria, considerato che l’Italia è ufficialmente (secondo l’OMS) “polio free” dal 2002. Anzi, gli ultimi casi di poliomielite in Europa (anche in Italia, ovviamente: i dati ci sono, anche se non se ne parla) sono stati causati dal vaccino orale attenuato (il Sabin), che proprio per questo è stato recentemente sostituito con un virus inattivo: e questi sono dati ufficiali, dei quali i giornali non parlano. Tanto meno il Ministero della Salute.
Similmente, non vi è un rischio di epatite B nell’infanzia, a meno che un lattante non si droghi con siringhe infette o non faccia sesso non protetto (sarà possibile?). Il rischio non inizia prima dell’adolescenza: perché fare questo vaccino assieme agli altri nei primi mesi di vita?
Voglio dire che la corsa a somministrare a tutti i bambini ed in un sol tempo 8 o 9 diversi vaccini è una follia; e che i calendari vaccinali dovrebbero essere rivisti sulla base dei reali dati epidemiologici. Soprattutto, che i genitori (e, ovviamente, i medici) devono essere informati seriamente dei rischi e dei vantaggi delle vaccinazioni.
Certamente abbiamo bisogno di un serio criterio di precauzione nello stabilire quali siano i diversi vaccini necessari nelle diverse età, nelle diverse epoche ed in luoghi diversi. Non di un assalto polivaccinale che, stando alla letteratura medica, aumenta considerevolmente il rischio di eventi avversi.
C’è poi il problema degli eventi avversi non bene identificabili, cioè del rischio che la sollecitazione del sistema immunitario con diverse e ripetute vaccinazioni crei quell’aumento di malattie allergiche e autoimmuni, cui si assiste nella nostra epoca: tra queste, alcuni sostengono, anche l’autismo, considerato come un danno cerebrale autoimmune post vaccinico.
Che le malattie allergiche e l’autismo siano enormemente aumentati durante gli ultimi decenni è un dato di fatto inconfutabile. Quali ne siano le cause è più difficile da chiarire. Ma non mancano le testimonianze, anche da parte di medici, che questo tipo di disturbi possano essere in evidente rapporto temporale con le vaccinazioni. Non mi risulta che vi siano indagini concrete e serie da parte di organismi ufficiali. Eppure, non mi sembra che si tratti di un problema di poco conto, anche se di non facile soluzione.
Come al tempo del vaccino anti vaioloso, sembra esserci un certo pressappochismo da parte delle autorità sanitarie, che non menzionano rischi ben noti nelle loro informative per il pubblico, né approfondiscono le tematiche su come ridurre e, possibilmente, eliminare il rischio di eventi avversi.
Purtroppo, sul web si trovano notizie contraddittorie tra le quali è difficile orientarsi. Ai medici, ancora una volta, il compito di aiutare i genitori in questa scelta. Alla politica, il compito di non annullare la possibilità di scelta.
di Cesare Pirozzi