“Pasolini: la verità”, in scena a Roma quarant’anni di menzogne all’italiana
“Noi siamo un Paese senza memoria, il che equivale a dire senza storia”, scriveva Pier Paolo Pasolini.
Il 31 Gennaio al Teatro Vittoria di Roma è andato in scena “Pasolini: la verità”. Lo spettacolo, scritto diretto e interpretato da Claudio Pierantoni, è un grido di denuncia contro un Paese che, senza alcun rimorso, ha saputo spazzare via dalla propria coscienza il peso della morte di Pasolini. Un ammonimento, ma anche un’esortazione, che colpisce dritto al cuore tanto della giustizia e della politica quanto di noi cittadini, incapaci di comprendere il valore della verità.
Abbiamo intervistato il regista Claudio Pierantoni per farci raccontare come nasce questo spettacolo.
È da poco terminato il quarantennale della morte di Pasolini, che ha visto andare in scena numerosi spettacoli dedicati alla memoria dell’autore. Il suo, però, è uno spettacolo diverso. Uno spettacolo che ci racconta le numerose ombre legate al caso Pasolini. Uno spettacolo che è insieme una denuncia e una esortazione a fare qualcosa affinché sia fatta chiarezza una volta per tutte. Come nasce l’idea?
Io faccio cinema e teatro di impegno civile, sociale e politico, e lavoro politicamente su Pasolini da più di tre anni e mezzo. Questo spettacolo ho voluto che avesse anche un taglio marcatamente giudiziario. Io ho letto le carte del caso Pasolini. Per 40 anni ci hanno fatto credere la grande bugia che si trattava di un delitto a sfondo sessuale e che c’erano solo Pasolini e Pelosi. Adesso, con i test del DNA, saltano fuori 5 profili genetici che non sono appartenenti né a Pasolini né a Pelosi. La domanda allora è: Perché non si va avanti? A questo punto una giustizia vera corre a cercare di individuare chi c’era. Perché se cade la bugia che ci hanno detto per 40 anni, devono dirci molto altro.
Eppure a Maggio 2015 hanno archiviato nuovamente il caso…
Esattamente. Io ho fatto a Ottobre 2014 il mio “Dimmi Pierpà” al Quirino, abbiamo raccolto 10.795 firme per una petizione arrivata sul tavolo di Pignatone e poco dopo il caso è stato archiviato con una sentenza bluff. “ Probabilità della presenza di altri soggetti oltre al Pelosi”. Vi sembra una sentenza?
Io sono molto deluso dalla giustizia italiana, che ha ancora paura di fare chiarezza sul caso Pasolini. E una giustizia che ha paura della verità, come quella italiana, non ha motivo di essere.
Sono altrettanto deluso dalla classe politica. Dopo “Dimmi Pierpà” si è mossa una richiesta di Commissione parlamentare di inchiesta che si è arenata perché sia la giustizia che la politica non hanno capito che se risolvessero il caso Pasolini verrebbero risolte un sacco di magagne.
Verrebbe probabilmente smontato un quarantennio di storia italiana…
Assolutamente. Se veramente si decidesse di andare fino alla verità più profonda salterebbero teste ancora oggi. Le faccio una domanda retorica, per Mafia capitale è stato commissariato il municipio di Ostia. Dove è stato ammazzato Pasolini? A Ostia. Il core business di Mafia capitale è Ostia, Pasolini lo aveva indicato chiaramente e tutti i personaggi legati a Mafia Capitale che hanno intorno ai 60 anni sanno tutto dell’Idroscalo. Perché non vengono interrogati?
Cosa ci sarebbe adesso di diverso, secondo lei, se il caso Pasolini fosse stato risolto al tempo o se venisse finalmente risolto oggi?
All’epoca, negli anni Settanta, la verità non sarebbe mai venuta fuori. C’era, come la chiamava Pasolini, la dittatura della Democrazia Cristiana. Non dimentichiamoci che il Sig. Andreotti, all’epoca Presidente del Consiglio, circa la morte di Pasolini, disse “Se l’è cercata”. E comunque, Enrico Berlinguer provò a costituire una Commissione parlamentare di inchiesta, chiaramente non gli andò dietro nessuno. Dopo 40 anni di omissioni, la giustizia sa che se si facesse chiarezza su questo caso, ancora oggi sarebbero messe in discussione delle nomine. Ma questo è un Paese popolato da gente connivente, vigliacca. Pasolini è morto per niente, questo Paese non meritava nulla, le sue opere d’arte, i suoi scritti, i suoi film, le sue poesie. I cittadini italiani non hanno fatto niente per lui, nessuno ha un vero senso di colpa nei confronti di Pasolini, nessuno si sente veramente in debito con lui.
Parliamo dello spettacolo. Dopo l’evento al Teatro Vittoria ha in programma di portarlo in giro o di dare nuovamente il via ad iniziative quali quella della raccolta firme a cui accennava prima?
Come artista di questo spettacolo ne volevo fare un unicum e un progetto immediato non ce l’ho, anche perché sono in un momento di delusione , ripeto, in primo luogo nei confronti delle istituzioni. Diversi partiti politici hanno provato ad incontrarmi perché volevano rappresentare lo spettacolo, che era al suo debutto, alla Camera dei deputati. Alla fine è stato boicottato.
Ma sono deluso anche della gente. Perché i cittadini non si muovono da soli per raccogliere della firme senza bisogno che si muova l’artista o l’avvocato? La richiesta di riapertura delle indagini è sul tavolo della Procura di Roma, perché non si mandano lì un milione di firme in cui le si dica: Riapri? Lo spettacolo è stato visto anche da diversi giornalisti, perché non c’è una richiesta precisa?
Già, perché non c’è una mobilitazione precisa? La richiesta di riapertura delle indagini giace ignorata sul tavolo della Procura di Roma da mesi. A quei profili genetici ancora senza un nome si è ora aggiunta la testimonianza di Angelo Tajani, all’epoca corrispondente de Il Giorno a Stoccolma, che incontrò Pasolini pochi giorni prima della morte. Eppure, il silenzio. Cosa aspettano? Cosa aspettiamo? Perché, nella migliore delle ipotesi, ci accontentiamo di fare quel poco che ci compete per lavarci la coscienza?
Le nostre indignazioni sono a scadenza, la nostra idea di verità un vessillo dietro al quale nascondere la nostra morale fatta di opportunismo ed individualismo sfrenato. “Pasolini: la verità” mette così un intero Paese allo specchio, restituendoci un’ immagine deformata da decenni di menzogne
di Martina Annibaldi