Mafia Capitale: Massimo Carminati e il caveau dei misteri
Di Massimo Carminati, Er Nero, Er Cecato, Samurai, vertice indiscusso della Mafia romana, fino allo scorso Ottobre, all’interno del processo che lo vede coinvolto per Mafia Capitale, non si era sentita ( intercettazioni a parte) neanche la voce. Chiuso nel silenzio della sua cella di Parma, in regime di 41 bis, Carminati ha assistito a mesi di udienze. La prima volta che decide di rompere questo silenzio con delle dichiarazioni spontanee è all’indomani dell’articolo de L’Espresso “ Ricatto alla Repubblica”. Qualcosa non gli va giù, nella sua inchiesta il giornalista Lirio Abbate ricostruisce le fila di una storia che dal furto compiuto da Er Nero nel Luglio del 1999 all’interno del caveau della Banca di Roma porta dritto a quella che per tutti noi oggi è Mafia Capitale.
È il colpo al caveau a segnare l’incoronazione a Re di Roma di Massimo Carminati. E non per il bottino miliardario.
Di 900 cassette contenute all’interno del caveau , infatti, Carminati ed i suoi ne svuotano soltanto 147, a macchia di leopardo sapendo esattamente dove andare a colpire ( le foto, che sono pubbliche, sono forse più eloquenti delle parole). I proprietari di quelle cassette si riveleranno essere perlopiù magistrati e avvocati vicini ad alcuni dei casi più intricati della storia della Repubblica italiana, dall’omicidio Pecorelli alla Strage di Bologna. Saranno i giudici stessi, in sede di processo, a riconoscere che il furto è stato certamente “finalizzato alla sottrazione di documenti scottanti, utilizzabili per ricattare la vittima o terzi”.
Da quel momento in poi la storia criminale di Carminati fa un salto di qualità, i processi che lo vedono coinvolto cambiano rotta e negli ambienti criminali romani diventa una vera ( e temutissima) leggenda. Dei suoi complici solo uno, Il Mostro- come viene chiamato dai colleghi cassettari – arrestato pochi mesi dopo il colpo, decide di parlare. Ai magistrati racconta di quella lista scritta con la penna rossa che elencava i numeri delle cassette da aprire consegnatagli una volta entrato nel caveau, racconta di essere stato incastrato, ma quando gli viene chiesto se ha mai anche solo incontrato Massimo Carminati risponde “ questa domanda mi mette la testa sotto la ghigliottina”.
Sulla presenza di documenti – mai ritrovati- all’interno delle cassette di sicurezza Carminati ha sempre negato. Sempre, fino a quando, lo scorso Novembre, davanti al Tribunale di Roma pronuncia questa frase: “ È vero, c’erano molti documenti, però tra un documento e l’altro ho preso anche qualche soldo”. Un messaggio rivolto a chi si è dimenticato di lui? Impossibile rispondere.
Fatto sta che nelle ultime settimane Er Nero parla ancora e tra una dichiarazione di “guerra mai finita” e una troppo comoda parte da “Fascista anni Settanta” racconta dei suoi rapporti con Riccardo Mancini ( ex ad dell’Ente Eur), della sua partecipazione ai lavori che Salvatore Buzzi stava svolgendo per l’Ente Eur per i quali ha incassato il 50% degli utili (ma specifica “di fatto non facevo nulla”) depositati poi sui conti della Cooperativa di Buzzi e utilizzati successivamente per finanziare i Misna e il campo nomadi, racconta del possesso di armi, del rapporto con Michele Senese e con Ernesto Diotallevi. Il tono è fermo, pacato.
Un’unica domanda lo manda su di giri. Siamo all’udienza del 30 Marzo, durante il controesame il Pm Paolo Ielo, riferendosi a quelle dichiarazioni di fine Novembre, gli chiede quanto denaro ha portato via dal furto al caveau.
Er Cecato cambia improvvisamente tono, interviene l’avvocato difensore e in mezzo ad un parapiglia di voci e all’incalzante domanda di Ielo si sente distintamente Carminati dichiarare: “Non è stato sottratto nessun documento dal caveau, sono stati sottratti solo soldi. Questa è un’altra leggenda metropolitana”. La precedente dichiarazione nient’altro era che “una battuta”. “Avete tutti i coimputati che avrebbero fatto quel lavoro che sono stati condannati, andategli a chiedere se ci sono mai stati documenti”, insiste ( non ci si dimentichi della riposta del Mostro). Carminati ritratta e lo fa peraltro rispondendo ad una domanda che non riguarda direttamente quei famosi documenti. Il Pm gli sta chiedendo informazioni sulle sua disponibilità economica in relazione agli investimenti e alle partecipazioni in attività con Buzzi. Gli sta chiedendo quale somma è riuscito a portare via dal caveau oltre ai documenti da lui stesso citati e di cui lui stesso aveva pochi mesi prima confermato l’esistenza. Ma a Carminati sembra interessare un unico aspetto della risposta : negare , ritrattare quanto ammesso precedentemente circa la presenza di documenti all’interno delle cassette svaligiate. È questo l’argomento che lo agita, lo innervosisce, lo porta ad alzare i toni. Sui soldi sceglie di non rispondere, “ visto che voi mi condannate per il furto al caveau sarete convinti che io sono andato al caveau e ho preso qualche soldo”, si limita a dichiarare.
In questi giorni, Giuseppe Cascini, uno dei tre Pm che segue il processo, ha dichiarato: “ Non dobbiamo stabilire se c’è la mafia a Roma, sappiamo che c’è.”
Ecco, in attesa della sentenza prevista per il mese di Giugno, oggi più che mai sarebbe opportuno chiedersi quanto questa mafia debba a quel furto al caveau di diciotto anni fa.
di Martina Annibaldi