Rifiuti che bruciano

Da Torino a Battipaglia passando per Roma, i rifiuti, urbani, speciali, nocivi e pericolosi, bruciano producendo diossina es altri veleni. Roghi, enormi roghi, colonne di fumo nero e acre, così denso da togliere il respiro, da far arrossare gli occhi e intossicare i polmoni. Tutto brucia, nei depositi di rifiuti. Discariche, autorizzate e illegali, clandestine e controllate. Nelle ultime settimane diversi impianti di trattamento sono andati a fuoco. Non è un caso, è un affare, un losco affare, un nuovo business, dove spesso dietro i prestanome ci sono le mafie. Un incendio può servire a evitare controlli o a massimizzare i profitti senza dover trattare i prodotti. Prima migliaia di tonnellate di scarti venivano esportati in Cina, ma da quando ha aumentato i controlli e ridimensionato gli i rifiuti che accetta, i roghi sono aumentati. Anche questa non è una coincidenza a detta degli inquirenti che indagano cercando un comune denominatore sui grandi fuochi dei veleni. Il 6 aprile prende fuoco la piattaforma di trattamento e stoccaggio della Cmt situata a La Loggia in provincia di Torino. Il 12 aprile si incendia impianto di trattamento rifiuti di Futura Spa, alle Strillaie, tra Grosseto e Marina di Grosseto. Bruciano i rifiuti destinati a diventare combustibile da rifiuti. Il 16 aprile un vasto incendio scoppia all’interno dell’azienda Ferdeghini, l’impianto di trattamento rifiuti che si occupa della selezione, del recupero e dello stoccaggio di materiali pericolosi e non, situato a Cerri nel comune di Follo in provincia di la Spezia. Nel 2015 un altro incendio era scoppiato nella stessa azienda, pochi giorni prima gli abitanti avevano denunciato l’enorme accumulo di rifiuti. Il 5 maggio a Pomezia, vicino Roma, prende fuoco la Eco X in cui erano stoccati enormi quantità di rifiuti. L’incendio si protrae per giorni, con relativa evacuazione degli abitanti della zona. Un caso su cui indaga la procura di Velletri. Il 24 maggio un rogo incenerisce i rifiuti alla Faeco, un deposito di Bedizzola in provincia di Brescia, già interessata da altri roghi nel luglio 2013 e marzo 2017. L’incendio ultimo è avvenuto due mesi dopo nell’area sottoposta a sequestro. A Malagrotta, una delle discariche più grandi d’Europa, il 25 maggio va a fuoco un deposito di combustibile prodotto con rifiuti che poi viene mandato ai termovalorizzatori. Il 5 giugno nell’impianto di trattamento rifiuti di Casale Bussi a Viterbo, scopia un incendio che la procura di Viterbo considera doloso. Incendio alla Eco Ricicli Veritas, il 7 giugno, il più grande centro del Conai Corepla in Italia con oltre 2500 tonnellate mese di multimateriale, che viene aggiudicato con asta, per produrre combustibike da rifiuti. La Eco Ricicli Veritas conferisce rifiuti a Montello spa che nel 2015 a subito un incendio. Poi l’11 giugno a Battipaglia vicino Salerno, un incendio presso Sele Ambiente, già posta sotto sequestro per un giro di smaltimento illecito tra Campania e Puglia. Il 14 giugno a Villacidro, Cagliari, va a fuoco la discarica di servizio del Tecnocasic, impianto già fuori uso per un incendio subito a fine aprile. Il 19 giugno ad Angri in provincia di Salerno prende fuoco l’impianto di trattamento dei rifiuti speciali non pericolosi di Sea Srl, con sede legwle a Scafati. Incendi, roghi, fuochi, tutto avviene negli ultimi mesi, nelle discariche o depositi, così da giustificare con autocombustione, ma le coincidenze sono un pò troppe per non pensare che forse sotto c’è qualcosa do losco. Una epidemia di fuoco troppo ricorrente negli ultimi tre mesi. Sorge quindi spontaneo il sospetto che almeno alcuni di questi incendi servano a risolvere situazioni divenute ingestibili, ingombranti e pericolose per le stesse imprese. Collegamenti con altre attività, o ispezioni, o sequestri, sono ricorenti negi roghi esplosi ultimamente. In questo quadro le motivazioni più probabili sono connesse al profitto derivante dal contributo ricevuto, per cui è più economico, per le imprese riceventi, incamerare il contributo e poi disfarsi in qualche modo del materiale senza sostenere i costi di lavorazione/smaltimento legale. Un incendio può servire a coprire tutto il ciclo non effettuato sullo smaltimento secondo procedure. Un giro di affari di milioni di euro, solo se si pensa che per la termovalorizzazione si lercepisce un contributo di 220 euro la tonnellata e per il riciclo 170 euro, con un incendio è tutto profitto.

di Claudio Caldarelli

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