Rita Atria: la “picciridda” di Borsellino che l’Italia non meritava

E’ incredibile vedere come alcuni frutti meravigliosi nascano da semi tanto acerbi, in terre estremamente aride.

Rita Atria nasce il 4 settembre 1974 a Partanna, un paesino di 12 mila abitanti nel trapanese. Trascorre la sua infanzia in Villa Macallè, costruzione che si erge imponente a dominare tutto il paese, insieme alla madre, a papà Vito e al fratello Nicolò.

Rita però non è la figlia di un banchiere siciliano che ha saputo conquistare un dignitoso posto in società: è la secondogenita del più potente boss della zona. Nel 1985, quando la ragazza ha appena 11 anni, il padre viene ucciso in un agguato mafioso. Sei anni più tardi, la guerra tra le cosche di Partanna condanna a morte anche il fratello Nicolò, di soli 27 anni. Nell’arco di poco tempo Rita perde due delle figure più importanti della sua vita.

Poco dopo la morte di Nicolò, la moglie del giovane ragazzo, Piera Aiello, sceglie di diventare collaboratrice di giustizia. Una mattina di novembre, Rita, che ha appena 16 anni, decide di non andare a scuola ma in caserma a raccontare tutto quello che ha visto e conosciuto. Anche lei ora è collaboratrice di giustizia e insieme alla cognata Piera aiutano Paolo Borsellino a comprendere i complessi meccanismi delle mafie: grazie alle loro ricostruzioni vengono arrestati diversi boss locali e viene avviata un’inchiesta su Vincenzino Culicchia, sindaco di Partanna da 30 anni, il ‘padrone del paese’.

Rita, che è stata allontanata anche dalla madre, la sola persona che le era rimasta della sua famiglia, vive in grandissimo segreto a Roma. Trascorre molto tempo con la famiglia Borsellino e con “zio Paolo”: le deve aver fatto strano passare dai ‘cattivi’ ai buoni e conoscere tanto amore dopo tutto quel rifiuto, nel paese, in famiglia, dalla sola persona che non dovrebbe mai rinnegare un figlio. Borsellino tentò anche di farla ricongiungere con quest’ultima, ma senza alcun risultato.

Tutto sembra procedere fino al 19 luglio 1992: una bomba esplode in via d’Amelio, sotto casa della madre di Borsellino, e il giudice muore, ucciso dalla mafia. Rita ha perso l’ennesimo uomo nella sua vita, un punto di riferimento, un approdo di protezione e amore. E allora non ce la fa più e il 26 luglio, una settimana dopo l’attentato, si butta dal settimo piano del palazzo in cui vive sotto protezione. Si disse ‘sconvolta’ dalla morte del magistrato: “La mafia siamo noi e il nostro modo di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. 

Al funerale di Rita non andò nessuno, né sua madre né il suo fidanzato. Un pentito di mafia ha raccontato che in carcere la notizia della sua morte fu accolta da un lungo applauso. Qualche tempo dopo il tragico gesto, la madre della ragazza fu sorpresa all’interno del cimitero a prendere a martellate la lapide di quella che non considerava neanche più una figlia, mentre imprecava contro la tomba di un innocente di 17 anni. La signora Atria venne condannata a 2 mesi e 20 giorni di carcere.

La piazza principale di Partanna è dedicata a Falcone e Borsellino: su questa scia di legalità, nel 2012 si è provato a risistemare la lapide di Rita, ma la famiglia, a distanza di 20 anni, si è opposta con fermezza. Così si è deciso di trovare un altro spazio al sorriso giovane di Rita, in un altro punto del cimitero.

di Irene Tinero

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