Pasolini: la verità Memoria, legalità e denuncia in scena al Teatro Argentina di Roma

Il 22 Aprile andrà in scena al Teatro Argentina di Roma Pasolini: la verità, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Claudio Pierantoni.
Dopo la data dello scorso anno al Teatro Vittoria di Roma, Pierantoni torna in scena con uno spettacolo che è al tempo stesso il racconto della solitudine e della sofferenza di un uomo, privato della figura di Pier Paolo Pasolini che pure sente vicina come quella di un fratello, ma che è anche un grido di denuncia che squarcia le coscienze degli spettatori e li mette di fronte alle proprie responsabilità civili e umane.
Responsabili tutti: politica, istituzioni, società civile di non aver fatto abbastanza affinché fosse fatta giustizia sulla morte di Pasolini. Responsabili di non aver compreso ciò che Pasolini ci aveva già profeticamente indicato più di quaranta anni fa.
Abbiamo incontrato Claudio Pierantoni, a qualche giorno dal suo spettacolo, per farci raccontare le ragioni che hanno spinto alla realizzazione di Pasolini: la verità e per saperne di più su quello che ci dobbiamo aspettare dopo lo spettacolo del Teatro Argentina.

Come è avvenuto l’incontro con la figura di Pier Paolo Pasolini che poi ha generato questa tua volontà di impegnarti in prima persona per arrivare ad una verità sulla sua morte?

L’incontro con Pasolini è avvenuto quando avevo circa 13 anni e mi sono imbattuto in Accattone , film che mi colpì tanto. Da quel momento ho cominciato a cercare gli altri film, a vederli e a leggere tutto di lui.
Io mi sento in debito con lui e formato da lui ed è uno stato sentimentale pesante da vivere. Un rapporto che per me è diventato personale sebbene non lo abbia mai conosciuto.

Il 22 Aprile al Teatro Argentina di Roma Pasolini: la verità chiuderà il percorso di stagione Il teatro di Roma per la legalità. Come nasce questo spettacolo?

Pasolini: la verità è figlio di Dimmi Pierpà, spettacolo andato in scena nel 2014 al Teatro Quirino e nasce anche grazie all’aiuto di alcuni magistrati, dell’Avvocato Stefano Maccioni ( ndr il legale del cugino di Pasolini), di alcuni legali e di alcune persone “ di strada”, persone vicine a lui che mi hanno fornito notizie importanti e inedite.
Da qui ho cominciato a scrivere Pasolini: la verità, che ha un profilo leggermente più giudiziario, più politico di Dimmi Pierpà

Che spettacolo è quello che andrà in scena al Teatro Argentina?

È la storia di Claudio, in fondo. È maledettamente autobiografico. È una storia mia ma che riguarda ogni essere umano che ha un rapporto con Pasolini.
Il protagonista pone delle domande a Pier Paolo, che però non può rispondergli perché non c’è più, quindi parla con la carta, con gli scritti di Pasolini che è tutto ciò che di lui ci è rimasto.
C’è una panca centrale dove io siedo e vivo le mie domande a Pasolini, ci sono due leggii che portano i suoi scritti e uno dal quale scende la sua firma autografa. Questi leggii poi finiscono per diventare Pasolini stesso.
E questa è la parte più drammatica, quella che mi fa più male come attore rappresentare in scena: la disperazione di non averlo più.
Ciò che Pasolini: la verità porta sul palco è soprattutto la mancanza della voce di Pier Paolo, la mia personale mancanza. Ma muove anche dei sensi di colpa in ognuno di noi perché ognuno di noi ha fatto pochissimo per lui mentre lui ha fatto tantissimo per noi, anche per quelli che dovranno ancora nascere. È anche uno spettacolo che parla di ambientalismo perché Pasolini è stato il primo ambientalista in Italia; parla di omosessualità, usata come alibi, come copertura per depistare le indagini dalla verità.
E parla anche del legame diretto tra mafia capitale e la notte dell’idroscalo di Ostia.

Chi ha già visto il tuo spettacolo sa che si connota per alcune scelte registiche ben precise. Qual è la volontà che muove queste tue scelte?

Ho deciso di fare una regia essenziale, scheletrica. L’ho voluta così intanto perché stiamo parlando di un morto ammazzato ma anche perché, come lui, sono abbastanza lontano da certe messe in scena barocche. È talmente forte, duro, di denuncia il mio spettacolo che non ne aveva bisogno.
Altra connotazione: non sono amplificato, non lo sono mai ma a maggior ragione adesso nei miei spettacolo dedicati a Pasolini. La voce di un attore ha una realtà, se tu la amplifichi forse diventa più udibile , più pulita ma perde di verità, di credibilità.
Sono due ore di spettacolo ed è massacrante ma diversamente sarebbe stato anti-pasoliniano, invece più di una persona mi ha detto che così “è uno spettacolo pasoliniano”, che forse è l’unico vero grande complimento che mi arriva.
Anche i contributi audiovisivi che ho deciso di inserire li ho voluti così sporchi e lo stesso costume di scena ha un suo significato che muove sempre in questo senso. La fascia che indosso è un rimando a quella indossata da Pasolini nel suo film Il Decameron, gli stivaletti richiamano un paio di stivali che aveva Pasolini e la felpa che indosso apparteneva ad un mio amico rumeno morto, un delinquente, una bellissima persona al quale non è stata data altra chance qui se non delinquere per poter sopravvivere. Era una cosa molto vicina a Pasolini, per questo ho deciso di usarla come costume di scena.
Anche con Roberto Gatto, che impreziosirà la scena prima del mio reading finale Io so, abbiamo scelto di comune accordo di dare spazio all’improvvisazione perché questo non può essere uno spettacolo patinato. Stiamo parlando di Pasolini che raccontava della realtà e la realtà non è mai troppo pulita.

Sono passati quasi 43 anni dalla notte dell’Idroscalo. In questi 43 anni sul caso Pasolini è calato il silenzio. Tu credi che il pubblico che assisterà al tuo spettacolo percepisca ancora la vicenda di Pasolini come un argomento attuale?

Sicuramente le persone che hanno visto i miei lavori dicono che sono state molto impressionate, molto coinvolte, sconquassate addirittura.
La risposta del pubblico c’è. È pur vero però che le persone, per quanto siano interessate, quando escono da teatro hanno alle spalle almeno 30 anni di sedazione che parte dalla televisione e passa attraverso Internet e i mass media. Ma credo sia un problema di coscienza e io spero di parlare alle coscienze.

Dunque cosa si deve aspettare il pubblico che sarà presente al Teatro Argentina?

Di riuscire a capire come sta conciato, come lo hanno ridotto. Mi aspetto anche che capisca che Pier Paolo Pasolini aveva visto tutto. Ma la cosa più importante che mi aspetto è che le persone capiscano veramente a cosa ha portato la morte di Pasolini, cosa è stato tolto a tutti, anche a quelli che Pasolini non lo conoscono un po’ perché non si sono informati ma anche perché sono stati bravi coloro che lo hanno fatto fuori a far calare il buio su di lui.
Per dirne una, Pasolini non nemmeno è insegnato nelle scuole o nelle università, eppure molti ragazzi mi chiedono di fare delle letture.
Io faccio una proposta e spero mi si aiuti affinché diventi pubblica e arrivi ai rettori, agli atenei: nelle università mi diano spazio, io sono pronto ad andare a portare un adattamento perché i giovani hanno bisogno di capire cosa gli è stato tolto uccidendo Pasolini, cosa Pasolini ha detto loro.

Il tuo è chiaramente uno spettacolo di denuncia. Come uomo e come artista nutri delle speranze sulle conseguenze che questo tuo impegno politico e civile potrebbe avere?

Mi fai una domanda a cui forse non so rispondere. In un’altra organizzazione politica meno aperta al neocapitalismo e al neoconsumismo potremmo avere qualche speranza in più. Finché il profitto è l’unico parametro della società allora la speranza non c’è.
Per risponderti cito testualmente Pasolini : “ Credo che nessuno in nessuna società sia libero e che quindi l’opera di ogni artista sia per forza un ‘opera di contestazione. L’artista non trasforma mai la realtà sociale in senso organizzativo della parola, la trasforma nell’intimo”. Io faccio l’artista spinto da questo pensiero.

Tu collabori da qualche anno con l’Avvocato Stefano Maccioni, il legale del cugino di Pasolini che in prima persona si è impegnato per la riapertura delle indagini. Nel 2014, dopo il tuo spettacolo, insieme all’Avvocato Maccioni avete avviato una raccolta firme che ha poi portato alla richiesta di costituzione di una Commissione Parlamentare d’inchiesta che si sarebbe dovuta occupare dell’omicidio Pasolini. Come sappiamo il caso è stato nuovamente archiviato lo stesso anno. Stante questa ennesima archiviazione, avete in mente di far partire un’iniziativa simile a quella del 2014 in seguito allo spettacolo?

Dopo Dimmi Pierpà, come ricordavi, è partita la raccolta firme…11000 firme in 8 giorni . Queste firme sono andate in Procura di Roma, ma è servito a poco perché dopo poco tempo il caso è stato archiviato . Dopodiché è iniziato l’iter parlamentare per la Commissione Parlamentare di inchiesta, purtroppo non andato in porto perché è caduto il governo.
Ma alla fine di questo Pasolini: la verità del Teatro Argentina , l’Avvocato Maccioni chiederà di nuovo pubblicamente ai politici presenti e non presenti di riavviare l’iter della raccolta firme alle Camere per l’istituzione di una nuova Commissione Parlamentare d’inchiesta e verrà riaperta una raccolta firme come quella del 2014.

Come si svolgerà questa raccolta firme?

Dobbiamo ancora decidere, ma probabilmente già tutti i presenti al Teatro Argentina verranno invitati ad apporre firma e poi partirà anche la petizione online. Ma partirà tutto dal Teatro Argentina, in questo modo ha senso e significato lo spettacolo del 22 Aprile.

E dopo il 22 Aprile cosa ne sarà di Pasolini la verità, pensi di fare delle repliche?

Attualmente non sono previste delle repliche ma, anche in questo caso, abbiamo intenzione di creare un luogo online dove chi è rimasto fuori da questo spettacolo può fare richiesta affinché venga organizzata una nuova data. Se molti rimangono fuori ci penseremo, sebbene, ripeto, portarlo in scena mi faccia molto male come attore e soprattutto come uomo.

di Martina Annibaldi

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