GRAZIE PRESIDENTE

Grazie Presidente. Grazie Presidente Mattarella. Grazie per tutto ciò che ha fatto per il Paese, per le donne, per i giovani e meno giovani. Grazie per averci insegnato, con amore, il rispetto della Carta Costituzionale, il rispetto per i diritti umani e con umiltà, ad accogliere tutti i nostri fratelli d’oltremare. Grazie Presidente per averci ricordato, in ogni momento, che la solidarietà e la carità cristiana, sono lo stesso gesto: allargare le braccia per accogliere, aprire le mani per condividere. Con Lei abbiamo imparato ad amarci, a sentirci “sorelli” in un Paese dove stava prendendo piede il razzismo e la xenofobia dei respingimenti. Lei, Presidente Mattarella, ha sempre rimarcato l’importanza dei principi costituzionali ai quali tutti devono attenersi.

Lei, Presidente Mattarella, è l’ultimo esponente del cristianesimo democratico e sociale, impegnato in politica, gli altri che si dicono tali, non lo sono. Il suo ultimo discorso di Capodanno rappresenta una sorta di lascito di quel cristianesimo sociale, politico democratico che ha contribuito fortemente a fare crescere la Repubblica dopo la guerra. Un lascito scandito da temi semplici, ma importanti. La consapevolezza che la Costituzione non è un documento stantio fatto di prescrizioni più o meno assemblate o assemblabili, ma il fondamento saldo e vigoroso dell’unità nazionale; attualissimo nei suoi principi e valori che vanno vissuti dagli attori politici e sociali e da tutti i cittadini. Lei, Presidente, insiste anche su un patriottismo che non si nutre di odio e spaccature (i buoni contro i cattivi secondo il Vangelo dei sovranisti e dei trumpiani d’Europa e delle Americhe) bensì si manifesta nella leale collaborazione tra istituzioni e cittadinanza per il bene comune: “Il volto reale di una Repubblica unita e solidale…il patriottismo concretamente espresso nella vita della Repubblica”.

Nell’intervento di fine mandato emerge un caposaldo del cristianesimo sociale che nel chiacchiericcio politico e mediatico rimane sistematicamente in ombra (e non a caso, poiché non è interesse dei potentati economici che venga affrontato): il problema grave delle disuguaglianze. Lei, Presidente Mattarella non ha fatto sconti. Ha criticato chi guarda alla realtà con “filtri di comodo”, ha ricordato che nel corso della pandemia alle antiche disuguaglianze se ne sono aggiunte di nuove. Ha contraddetto il mito liberista secondo cui la crescita economica di per sé risolve tutto: “Le dinamiche spontanee dei mercati, Lei ha detto, talvolta producono squilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette”. Sono le stesse parole dell’omelia pronunciata da Papa Francesco alla vigilia di Natale. La questione delle disuguaglianze e delle ingiustizie crescenti, che toccano in primo luogo il lavoro. “Dio stanotte, ha detto il Papa, viene a colmare di dignità la durezza del lavoro.

Ci ricorda quanto è importante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro”. Da qui il monito di far cessare le morti sul lavoro. Lei, Presidente, ha il linguaggio del Papa. E il Papa ha il suo linguaggio, Presidente. Ma ora, dopo di Lei, quali partiti o quali politici, possono prendere in mano il testimone del cristianesimo sociale democratico? Forse le nuove generazioni. Forse gli economisti di Francesco. Ma per ora non c’è redistribuzione di ricchezza. Le disuguaglianze aumentano. Anzi la riforma fiscale realizza una redistribuzione a vantaggio dei ceti medio-alti. La lotta alla evasione fiscale non c’è.

Per fortuna c’è Lei, Presidente, che continua a sottolineare l’importanza di eliminare le disuguaglianze per garantire l’accesso alla scuola, al lavoro non precario, alla sanità che funziona. In pratica al rispetto del dettato costituzionale. Così come ci ricordava alcuni anni fa: “ Il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia. Al tempo stesso va garantita la tutela dei diritti e la sicurezza, per tutti coloro che lavorano”. Ma vogliamo anche ricordare le parole, che Lei,Presidente, ha inviato alla 49 settimana sociale dei cattolici italiani in cui auspica la progettazione di un nuovo modello sociale che “può avvalersi di esperienze concrete a livello di base, analisi condivise sugli squilibri attuali e sulle potenzialità presenti nella nostra comunità.

Il contributo offerto sarà tanto più significativo ispirato come è al valore della solidarietà, profondamente inciso nel testo della nostra Carta costituzionale…scrive Lei, Presidente, la pandemia è stata una prova molto dura. Ha evidenziato i nostri limiti e le contraddizioni del modello di società che abbiamo costruito…questo insegnamento ha uno straordinario valore per la rinascita che auspichiamo. Ci spinge a valutare in modo appropriato la portata negativa delle disuguaglianze, a comprendere quanto gravemente incida il degrado ambientale sul nostro presente è sul nostro futuro, a contrastare ogni tendenza all’esclusione perché dove le opportunità sono appannaggio di cerchie ristrette, è tutto il paese a soffrire…lo sviluppo deve comprendere un contrasto effettivo a ogni forma di povertà, una riconciliazione con l’ambiente, una innovazione orientata al benessere umano e al rafforzamento del capitale sociale. Occorre investire sulle persone”.

Investire sulle persone, un concetto, Presidente Mattarella, più volte ripreso alla fine degli anni ’70 da suo fratello Piersanti, barbaramente ucciso dalla mafia il 6 gennaio 1980. Piersanti ripeteva, ricordando Giorgio La Pira, che “la trasformazione del mondo che lui perseguiva attraverso l’invenzione del futuro…una necessità in una società che ha perso la speranza e che si è abbarbicata sul presente. La ripresa e la crescita, nel nostro Paese, hanno bisogno di uno slancio umano rinnovato: una cultura del futuro”. Le parole di Piersanti, sono attuali ancora oggi Presidente Mattarella, parole che sono l’agire di una politica di onestà e trasparenza, per questo suo fratello Piersanti è stato ucciso. Per la sua politica che non dava spazio alla mafia. “La sua morte mette in luce la pericolosità delle sue scelte per la mafia e per il sistema di potere ad essa collegato”. (Giovanni Grasso, “Piersanti Mattarella” edizioni San Paolo). Piersanti è stato un uomo che ha rischiato ,e alla fine, offerto la sua vita alla politica.

Anche questo è un aspetto cristiano. La passione civile porta a non considerare la propria sopravvivenza come valore predominante nel proprio agire. Infatti nella elezione di Piersanti a presidente della regione Sicilia, c’era qualcosa di analogo all’operazione di unità nazionale che Moro stava realizzando, tanto che fu definito il “Moro siciliano”. Nello sconforto per la morte di Aldo Moro, Piersanti confida a Leoluca Orlando: “È la fine anche per noi”. Un dolore forte, incessante, il suo, Presidente Mattarella, che Lei ha sempre saputo tenere riservato, accudito dentro il suo cuore, ma portandolo con sé, ovunque andasse. Il dolore della perdita, il dolore della mancanza di un fratello che si era sacrificato per gettare le basi di un futuro fatto di fratellanza e amore, lasciando a Lei il testimone di continuare quella battaglia politica, quel suo agire.

Lei Presidente lo ha fatto, con discrezione, ma con autorevolezza, con la stessa passione di Piersanti, con la stessa consapevolezza che la politica, la bella politica è fatta di gesti, di sacrifici, di valori e di condivisione, la politica è donarsi al bene comune.

Grazie. Grazie Presidente Mattarella. Grazie.

di Carlo Faloci e Claudio Caldarelli

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