Quella tranquilla voragine di paura chiamata civiltà

Civitas, città, civiltà. Pilucchiamolo qua e là, mentre sgranocchiamo qualcosa tra denti o sorbiamo il nostro drink preferito, il Primo Rapporto su rischio alluvioni, frane, cavità del sottosuolo e acque sotterranee. Pilucchiamolo qua è là, mentre cominciamo a smoccolare bestemmie sempre più incazzati, dandoci ripetutamente dei coglioni! Dei coglioni per aver creduto a forze politiche, con i loro pupazzi, magliari, allibratori, bagherini istituzionali e amministrativi di ogni parte e aver loro accordato la nostra fiducia, il nostro voto. Accordare: dal latino cor, cordis, cuore e – in senso lato – animo e mente. Peggio, esserci spesso trasformati noi stessi in pupazzi sulle loro ginocchia di ventriloqui. Soprattutto di credere ancora che i responsabili della sotterranea devastazione sui cui si reggono il suolo, l’asfalto e i palazzi possano essere capaci di sanare la superficie. Poveri illusi che siamo: a sfegatarci ancora per questi decerebrati! Sì, casate, casacche, voci, affabulazioni e gesta pupare sono cambiate, ma la cultura è la stessa. La cultura della crescita da rapina, da sfruttamento: della Terra e dell’uomo. Profit über Alles, il profitto sopra tutto!

Questo Primo Rapporto cui ci riferiamo è stato appena pubblicato dall’Autorità di distretto idrografico dell’Italia Centrale, con l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale(ISPRA) e il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale. Riguarda qui la città di Roma, ma non è che in tutta Italia non ci siano situazioni anche peggiori: anzi!

Parliamo di Roma come simbolo storico del termine stesso di città, intesa in quel senso politico e urbanistico-architettonico che è alla base dell’espansione della nostra stessa civiltà nel mondo.

Roma è attraversata per 30 Km dai 402 totali del Tevere, che riceve acque dai 99 Km del suo affluente Aniene e da un’altra dozzina di fiumiciattoli periferici, detti anche fossi:Rio Galeria, Fosso della Magliana, Fosso Acquatraversa, Fosso della Crescenza, Fosso di Pratolungo, Fosso dei Prati, Fosso della Freghisia, Fosso dell’Osa, Fosso di Tor Sapienza, Fosso della Caffarella, Fosso di Vallerano, Fosso di Malafede. Nel fondo del biondo Tevere giacciono inoltre affondati “22 natanti dalla diga di Castel Giubileo alla foce, alcuni dei quali nei tratti corrispondenti al centro storico e in prossimità di ponti”.

Quanto si è distrutto, disboscato, sterrato, scavato, costruito, cementificato, asfaltato attorno, in riva, nelle golene, persino dentro i letti di questo rigoglio di affluenti? E quante culle di neonati sono state inscatolate dalla politica urbanistica nei conglomerati di calcestruzzo sui bordi sventrati di periferia?

700 Km di reticolo con canali e fossi in stato di grave degrado. Da 16 voragini all’anno del decennio 1998-2008, si è passati a una media di 90 voragini l’anno negli ultimi 8 anni, con una punta di 104 nel 2013 e 44 già al 31 marzo di questo 2018.

Città deriva però anche dal greco antico polis. Le Polis, infatti, erano le città-stato greco il cui governo era affidato alla collettività dei cittadini, ossia alla politica, alla prima forma di democrazia occidentale. Se oggi, però, secondo le ultime statistiche, il 70% dei giovani non crede più nella politica, non è questa la vera grande voragine in micidiale espansione che incombe sulla civitas, sulla civiltà. Considerato il rapido scorrimento delle fasce di età dai quattordici ai quarant’anni è come se l’energia fisica e mentale più potente e promettente – quella rappresentata da circa 800.000 giovani cittadini romani – non credesse più nella propria città. E circa il doppio nell’intero bacino del Tevere.

Specifica il rapporto: “Per voragini si intendono tutti gli eventi di grandi dimensioni metriche sia di diametro che in profondità.La causa principale della formazione delle voragini a Roma è la presenza di numerose cavità sotterranee di origine antropica scavate dall’uomo a vario titolo ma principalmente per l’estrazione dei materiali da costruzione. Tali vuoti costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie. Sono stati sinora censiti e mappati 32 kmq di gallerie sotterranee che giacciono sotto il tessuto urbano. Le cavità si concentrano per lo più nella porzione orientale della città. Molte aree di vuoti sono ancora sconosciute”.

I politici che noi adulti abbiamo votato fin qui vi risulta che a oggi si siano mai occupati di questo buco nero geologico che sta ingoiando una delle città-civiltà storiche più belle e importanti al mondo? E non c’è forse una connessione con il fatto la maggioranza preponderante dei giovani non creda più nella politica come possibilità governativa, amministrativa collettiva, e difficilmente si lasci piegare alla pratica ormai vana del voto? Ma queste ragazze, ragazzi sentono forse dalla TV o nei social-media che nelle attuali trattative per fare un governo qualcuno parli dello sprofondamento del suolo urbano delle città? Se li facessero loro conoscere, crederebbero forse più nei ricercatori scientifici dell’Ispra che hanno redatto questo rapporto.

Le aree particolarmente interessate dalla formazione di grandi voragini si concentrano nella porzione orientale di Roma. I Municipi più colpiti sono: il Municipio V, il Municipio VII, il Municipio II (quartieri Tuscolano, Prenestino, Tiburtino) ma anche il centro storico con le aree dell’Aventino del Palatino e dell’Esquilino. Nella porzione occidentale di Roma il Municipio che conta più voragini è il Municipio XII seguito dal Municipio XII (quartieri Portuense e Gianicolense).

La politica non parla ai giovani né della loro vita reale, né dell’essenza esistenziale più profonda. Essa è ormai solo maschera linguistica e nichilista della morte, del nulla. Altrimenti il Presidente della Repubblica leggerebbe ai capi di partito che riceve in questi giorni al Quirinale i brani più significativi di questa ricerca sui pericoli franosi e alluvionali che salgono dal sottosuolo e minacciano popolazioni, beni storici e ambientali.

Il rischio oggi riguarda un territorio urbano di 1.135 ettari dove vivono e lavorano circa 250.000 persone, è la più elevata esposizione d’Europa. Roma ha zone che non reggono nemmeno un acquazzone, come abbiamo visto il 10 settembre e il 5 novembre scorsi, piste di Fiumicino comprese. Inutile stupirsi quando il sistema fognario è in parte non in perfetta efficienza, manca la corretta e continua manutenzione dei tombini e sono inefficienti e in gran parte scomparse per sversamento di rifiuti e vegetazione spontanea circa 700 km di indispensabili vie d’acqua tributarie del Tevere e dell’Aniene: canali, fossi, sistemi di scolo. In un altro punto il Rapporto dice che molti percorsi di scorrimento idrico sono addirittura tombatidallo scarico di rifiuti e superfetazione di vegetazione spontanea.

Solo per tamponare – non scongiurare definitivamente – tali rischi occorrerebbero subito 1040 milioni. Riferisce il Rapporto: “Ad oggi sono disponibili i primi 104 milioni, già previsti per progetti inseriti nel Piano città metropolitane di Italiasicura. Il fabbisogno di risorse comporta però impegni finanziari annuali per almeno 100 milioni di euro per garantire la copertura sia di interventi contro il rischio alluvioni, frane, voragini, sia la manutenzione ordinaria e straordinaria”.

Il problema, però, è che questa considerevole massa monetaria servirebbe – quando effettivamente stanziata – solo a puntellareil cedimento. È come se avessimo un palazzo che scende lentamente in una voragine sottostante e noi stanziassimo dei soldi solo per piazzare poi un sistema di putrelle d’acciaio per sostenerlo. Sì, ma senza smettere un istante di mangiarsi, scavare forsennatamente e ostruire di rifiuti organici e cementizi il sottosuolo. A cambiare decisamente rotta dovrebbe provvedere un grande, lungimirante piano di politica urbanistica, che mettesse insieme le migliori risorse intellettuali, scientifiche, tecniche, architettoniche, economiche di cui la città, civiltà oggi dispone abbondantemente. No, la politica pensa a tutt’altro. Lo dimostra un’altra voragine spalancatasi proprio in questi giorni: quella del Monte dei Paschi di Siena. Il gruppo bancario vanta crediti nei confronti dei politici italiani pari a 67 milioni di euro. Per politici si precisa: “persone fisiche che occupano o che hanno occupato importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami”. Di questi crediti, 9,7 milioni sono stati già dichiarati non performing, ossia deteriorati, non più recuperabili. Ossia, sono stati già ingoiati, ruminati nell’esofago, e defecati nei loro cessi. I restanti lo saranno presto. Questo solo per quanto riguarda MPS. E nelle altre banche?

Voragini bancarie il cui ammontare economico i partiti continuano a sottrarre al risanamento strutturale di quelle ambientali. Poi nei loro proclami mediatici i nostri politici continuano a incitare appassionatamente una massa giovanile disoccupata, sottoccupata, senza più diritti salariali e sociali a tornare a credere nella politica. Ossia a continuare a foraggiare quel tranquillo, pauroso inabissamento nel sottosuolo della civiltà.

di Riccardo Tavani