Teresa Vergalli: le staffette partigiane tra storia e memoria
Teresa Vergalli oggi è un’ottantenne curata, che usa ancora il rossetto e racconta storie passate e fatti di cronaca odierna usando un linguaggio chiaro e forbito. Non ci si aspetta sicuramente un passato da staffetta partigiana, ma Teresa – detta Annuska ai tempi – porta un messaggio ancora oggi, nella speranza che qualcosa si possa ancora insegnare alle generazioni che di lotta e libertà poco sanno e ancor meno parlano.
Teresa nel 1943 aveva 16 anni e viveva a Bibbiano, nella provincia emiliana. Veniva sì da una famiglia di antifascisti, ma studiava e le fu impedito di contribuire alla Resistenza finché un bombardamento non distrusse la sua scuola. A quel punto entrare nella lotta non divenne una scelta, bensì l’unica via possibile, la cosa più naturale da fare. Organizzare spostamenti nelle campagne in cui era cresciuta e che conosceva come le sue tasche, consegnare messaggi, scegliere altre staffette, accompagnare partigiani lungo l’Appennino: la storia di Annuska è quella di tante altre ragazze, staffette come lei, indispensabili ai tempi per permettere alle righe di partigiani di disperdersi e ricomporsi per organizzare quelle forme di guerriglia tanto efficaci quanto rischiose.
E di rischio e pura fortuna si deve parlare se si racconta il lavoro delle staffette: veloci negli spostamenti e sicuramente abili nell’inventare scuse e storie credibili per aggirare e superare i controlli, è stato il caso e non la bravura a decidere quali donne hanno oggi potuto raccontarci alcune storie. Annuska ce l’ha fatta come tante, ma come tutte temeva morte e torture, ed era tra quelle pronte ad usare un arma se necessario. La guerra era questo e non ha senso cercare di romanzarla. Anche se, e Teresa Vergalli lo sostiene fortemente, forme di racconto diverse dai libri di storia sono oggi necessarie per arrivare ai giovani e al futuro dell’Italia. Ecco perché si è fatta autrice di tre libri a cui ha affidato l’indispensabile compito di tramandare una memoria che per noi è vitale.
Difficilmente la scuola racconta in modo “non ufficiale” la Resistenza. La lotta di Liberazione fu una guerra che nacque dal basso, resa possibile da un forte senso di responsabilità verso le generazioni future e da un’estrema consapevolezza del valore e dell’importanza che ogni partigiano aveva nella liberazione dell’Italia dai nazifascisti. E se nella Storia ufficiale e maschilista il valore delle donne non è stato forse messo abbastanza in risalto, sono i racconti di chi la storia l’ha fatta e vissuta a ricordarci quanto siano stati indispensabili spostamenti, furbizia e diplomazia delle staffette partigiane.
di Giusy Patera