Un Padre. Omaggio a Stellino Pedrollo

Il 24 novembre scorso è scomparso a 85 anni il professor Stellino Pedrollo, religioso, preside, educatore, dantista profondo e uomo inestimabile. 

Se oggi sono uno scrittore se oggi sono quello che sono, lo devo moltissimo a lui. 

Non dimenticherò mai quando, un anno dopo la mia maturità, mi rivelò in un nostro incontro che mi aveva visto più volte marinare la scuola, beccandomi in posti come la tomba di Keats, la Keats Shelley House, o la casa di Dante, aggiungendo che era stato contento, cogliendo in quelle mie gite solitarie non l’infrazione di una legge da sanzionare ma un carisma vocazionale da proteggere e incoraggiare.

Il Professor Pedrollo ha svolto un ruolo paterno essenziale per la maturazione della mia vocazione poetica ed esistenziale. 

A scuola andavo male, facevo 70 assenze l’anno, ma il tema non me lo perdevo mai. 

Lui era inarrivabile, inavvicinabile. Entrava in classe col suo leggio in legno, condivideva il meglio della letteratura italiana con la sua voce calda, forte, baritonale. Incuteva timore, rigore, rispetto. Scavava un solco, marcava una distanza forte, che rimaneva. 

Dava a tutti del lei, e del lei sempre pretendeva. 

Consegnava i temi, e mi metteva sempre 7. 

Mai di più, mai di meno.

Mi chiamava alla cattedra dopo la consegna, discuteva del mio tema con me, mi consigliava libri, scrittori, testi, coglieva un interesse e incoraggiava un’unicità, faceva cadere scintille di sapienza dalla cattedra lasciandomi libero di raccogliere o meno gli inviti.

Questo suo modo di fare mi ha fatto scoprire la vocazione della mia vita, è stato un contributo inestimabile al mio percorso artistico ed umano. 

Al suo funerale, celebrato il 25 novembre scorso, un mio ex compagno di classe, Dio lo benedica, alla fine della messa è andato a fare una preghiera, ricordando ciò che il Professore gli aveva dato nel suo percorso personale. Mi ha dato coraggio, sono andato anche io, ho fatto lo stesso, e dopo di me un altro ex alunno, e ancora un altro, e un altro. 

Mentre si susseguivano le testimonianze dei ragazzi e delle ragazze, io guardavo la bara del Professore, e dentro di me lo sentivo vivo, sentivo: vedi? Si può vivere a testa alta, si può essere felici. 

Quest’uomo, per tutta la vita, nel silenzio, nella sapienza, nella povertà, nell’umiltà, si è nutrito di Contenuti ed ha amato, dimostrando a chi ha voluto vedere che si può vivere una vita piena e felice realizzando pienamente il demone che ci fa sentire vivi. 

Non è questo che dovrebbe sempre fare un padre?

Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità, l’amore che esprimiamo manifesta la nostra parte divina, imperitura, ed è per questo che il Professor Pedrollo non può morire, non conoscerà mai la morte, rimarrà vivo nei cuori, nello spirito di generazioni di studenti che ha formato con un genio educativo formidabile, testimone eminente del carisma marianista. 

Il mio primo esame all’Università fu su Dante, col noto dantista Renzo Bragantini, poi frequentai lezioni di Serianni, Ferroni, e vari altri importanti professori. 

Non ho mai trovato nessuno che reggesse il confronto con la profondità, l’amore, l’anima con cui trasmetteva Dante Stellino Pedrollo, capace, con sobrietà e rigore, di farti scendere la Poesia del Divino Poeta nell’Intimo del Cuore. Neanche lontanamente. 

Non perché fosse più talentuoso, più erudito, più colto di questi grandi nomi. Magari non lo era: ma si toglieva. 

Pedrollo non era sul suo ego, era capace di togliersi, e con rigore e semplicità sapeva lasciare la parola a Dante, te lo faceva incontrare personalmente, ti ci metteva a tu per tu. In questo è stato inimitabile.  

“Chi fa da sé fa per tre. Dante ora lo devi incontrare personalmente, diventa una ricerca personale tua adesso” fu una delle prime frasi che mi disse quando lo incontrai da universitario, dopo il liceo. 

L’ultima che mi disse, quando gli portai una copia del mio secondo libro, a lui dedicato, fu: “continuo a pregare per lei”.

Giacomo Fagiolini

 

 

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