Verso il voto che ci attende.

E’ già iniziata, con largo anticipo, la più inutile campagna elettorale della storia repubblicana, per un voto da esprimere con la più stupida legge elettorale che il parlamento repubblicano abbia mai votato.

Sarà inutile questa campagna , perché avremo per risultato un parlamento senza maggioranza (e senza alleanze possibili, almeno secondo le proclamate intenzioni).

E’ stupida la legge elettorale, perché assegna ai segretari dei partiti la dittatura sulla scelta dei candidati, in nome della governabilità, salvo poi condizionare l’incarico di primo ministro ad alleanze con liste civetta o con partitini al tre per cento.

Tutto questo, naturalmente, se il partito largamente maggioritario in Italia continuerà ad essere quello dell’astensione e non succederà, come si è verificato solo con il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, un forte ritorno alle urne, tale da le attuali previsioni.

Per quanto attiene ai programmi elettorali, basta rendersi conto che le mirabolanti promesse dei tre contendenti principali si fondano su risorse (dubbie) conseguenti a improbabili miracoli economici. Tanto poi, nella pratica di governo, le posizioni sulle quali si sono richiesti ed ottenuti i consensi potranno essere del tutto dimenticate ( penso agli 8 punti di Bersani e alla loro negazione con i governi Letta, Renzi e Gentiloni).

Già, gli 8 punti. Erano evidentemente sgraditi a Napolitano, che non volle Bersani per un governo di minoranza (che potesse ricevere consensi sulle singole proposte, in particolare dai M5Stelle) e preferì larghe intese…

Quelle larghe intese che, prònubi l’ex sindaco di Firenze, il pregiudicato di Arcore e dopo lui i compiacenti verdiniani e c., hanno portato l’Italia verso l’uscita dalla crisi nel modo che sappiamo. Perché è vero, forse il peggio è passato, nel mondo della finanza sporca e del consumismo.

Sì, ma con i lavoratori che lavorano e lavoreranno anni in più, con la povertà degli ultimi della scala sociale che cresce nel numero e nella forbice.

Sì, ma con i ricchi sempre più ricchi: per giocare in borsa, trasferire le imprese in paesi con mano d’opera ancora più sfruttata e magari inventarsi facili guadagni con i bitcoin (anche favorendo il riciclaggio delle risorse della malavita organizzata).

I programmi annunciati sembrano avere tutti una premessa obbligata, la lotta all’evasione. Che però non ha caratteristiche neutrali, anzi.

Lo ha ben sintetizzato il prof. Vincenzo Visco, già ministro (Finanze, Tesoro, Economia, Programmazione ) nei governi Ciampi, Prodi, D’Alema e Amato:

“Il problema dell’evasione non è un problema tecnico. Certo c’è anche quello, ma è sempre un problema politico. E’ il discrimine tra la destra e la sinistra, che attraverso l’imposizione fiscale può finanziare quel Welfare che la destra ha sempre voluto smantellare”.

Sono parole chiare, da tenere ben presenti quando, come sempre più spesso accade, ci sentiamo dire che destra e sinistra sono sorpassate categoria dell’organizzazione umana; perché finanziare il Welfare, per chi lo vuole veramente, è il solo modo per ridurre, nel numero e nel valore, la forbice ingiusta tra ricchi e poveri.

Sono parole chiare, in tempi in cui da più parti si lanciano improbabili rivoluzioni (liberale, del lavoro, del progresso, dell’anticasta, non importa quale).

Sono parole da tenere presenti, sempre. Sempre, quando sulle nostre coste arrivano popolazioni che migrano. Sempre, accanto alla considerazione che noi, noi tutti che facciamo parte del miliardo di donne ed uomini del mondo occidentale e addirittura anche i 6 milioni di poveri assoluti (Istat) in Italia, siamo tutti quelli più fortunati, meno disgraziati, meno affamati, tra i sette miliardi di donne ed uomini che popolano la terra.

Ecco, con queste riflessioni, con queste attenzioni possiamo andare verso il voto nella prossima primavera. Serenamente, senza paure di voto utile o inutile, di turarsi il naso, di illudersi della necessità del meno peggio, di avere la presunzione di capire cosa è il meglio.

Il nostro voto è poco più del cinquantamilionesimo dei voti che ci potrebbero essere, se tutti andassero a votare.

Abbiamo il diritto, anzi di più, il dovere di essere noi stessi, nel bene e nel male, non è giusto farsi condizionare.

Noi stessi, con il nostro quotidiano, i nostri affetti, le nostre debolezze, le nostre speranze.

Noi stessi, con i nostri egoismi, la nostra solidarietà, il nostro amore.

Con la speranza che gli altri, tutti gli altri, abbiano il coraggio, la maturità, la serenità di fare come noi.

di Carlo Faloci