Quella volta che a Bardonecchia furono gli italiani a fare scuola ai francesi
Un tempo marciavano trionfanti, facendo scuola al mondo, al grido di “liberté, egalité, fraternité”. Oggi respingono donne incinte dai loro confini e sperano (ma non troppo) che se la cavino altrove.
Non ce l’ha fatta la donna di origine nigeriana di 31 anni, respinta al confine tra Francia e Italia, nei pressi di Bardonecchia, ma almeno il suo bambino è rimasto qui con noi, sta bene, nonostante al momento della nascita non avesse altro che i suoi 700 gr.
La donna e suo marito erano arrivati al confine franco-italo a metà febbraio, quando le condizioni meteo non rendono agibili le strade e i mezzi per superare la frontiera, a maggior ragione se sei incinta di poche settimane e hai un linfoma in fase terminale. Si perché non basta la guerra, la fame, la miseria, la fuga ci vuole anche un sano cancro.
Quando la coppia ha tentato di attraversare la linea sottile che divide il nostro Paese dalla Francia sono state le stesse autorità francesi a fermarli: anziché portare la donna nel vicino ospedale di Briancon, è stata respinta fino a Bardonecchia. “Non si reggeva letteralmente in piedi”, hanno riferito i volontari di “Rainbow4Africa” l’associazione che da dicembre scorso si occupa di soccorrere migliaia di migranti. Una volta in Italia la donna è stata prima ricoverata a Rivoli e poi trasferita all’ospedale S. Anna di Torino dove le condizioni sono apparse disperate da subito: si è cercato di mantenere la paziente in vita il più possibile in maniera da farle portare avanti ancora un po’ la gravidanza. Si, caro nazi-fascista dei giorni nostri, i soldi della sanità italiana sono andati spesi per mantenere in vita trenta giorni in più una donna che sapevano non ce l’avrebbe fatta, semplicemente per far nascere il suo bimbo nero made in Italy 100%. E per una volta saremo tutti più soddisfatti di essere italiani e non francesi, senza neanche essere davanti una partita dei mondiali.
“Poteva andare in Francia, lei aveva i documenti, ma ha preferito rimanere con me”, ha raccontato il marito dopo la morte della moglie. Intanto il piccolo è arrivato a 900 gr e i medici si dicono “fiduciosi”: una patata davvero troppo bollente per la gendarmerie. “Le autorità francesi hanno dimenticato l’umanità – ha commentato Paolo Narcisi, presidente di “Rainbow4Africa” – I corrieri trattano meglio i loro pacchi. Respingere una donna incinta a una frontiera è un atto grave che va oltre il buon senso, le convenzioni internazionali così come criminalizzare chi soccorre”.
Il riferimento è chiaramente a uno degli ultimi fatti di cronaca che, sempre in Francia, vede coinvolta una guida alpina che ha soccorso una donna incinta, di nuovo nei pressi della frontiera: l’uomo ha incontrato la donna, all’ottavo mese di gravidanza, suo marito e il loro bambini, di 2 e 4 anni nella zona del Monginevro, a 1900 m di altezza. Ha pensato bene di aiutarli, di salvare non uno, non due ma ben tre bambini e due adulti. Li ha caricati in macchina e si è diretto verso Briancon. Una macchina della gendarmerie li ha incontrati e ha fatto portare la donna al pronto soccorso e l’uomo in caserma. Rischia fino a 5 anni di carcere per aver agevolato l’immigrazione.
La storia della guida alpina riscatta una nazione e ci insegna che non tutti i francesi sono uguali, ma il punto fondamentale della questione è nelle parole di Paolo Narcisi: quello che è successo è un fatto grave. L’immigrazione e i flussi dei popoli devono essere regolamentati e gestiti da appositi disegni di legge, ma il mondo deve sommessamente chinare il capo davanti una madre e la sua nuova vita.
di Irene Tirnero