Gerusalemme

Da ieri il popolo palestinese, e tutti quelli che hanno a cuore la convivenza pacifica, hanno un altro evento da ricordare come disastroso: lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.
La decisione del presidente Donald Trump di riconoscere la città contesa tra i due popoli come la capitale di Israele, rompe con la tradizione americana di una, almeno formale, equidistanza e segna di fatto la fine del sostegno alla politica dei due Stati. Una decisione che toglie agli Usa qualsiasi credibilità come possibile mediatore tra le parti.
Le inevitabili proteste e la reazione dell’esercito israeliano, che ha sparato munizioni e lacrimogeni contro i manifestanti, hanno già provocato la morte di almeno 16 palestinesi e il ferimento di altri 900.
Sono decine di migliaia di palestinesi nella Striscia di Gaza assediata che stanno tentando di attraversare la recinzione che separa il territorio da Israele.
Misure di sicurezza eccezionali sono state disposte nell’area intorno all’ambasciata e lungo i confini
Oltre che a Gaza sono molte le manifestazioni programmate nella West Bank. Cortei sono partiti dalle città occupate di Ramallah e Hebron.
La decisione americana sconta una forte l’opposizione nel mondo arabo. Contrari anche l’Organizzazione delle Nazioni unite, la UE e gran parte della comunità internazionale.
Alla cerimonia di apertura, che cade nel 70esimo anniversario della fondazione dello stato di Israele sarà presente una delegazione americana guidata da Ivanka Trump.

di Enrico Ceci