Il ritorno del caimano

“Ora Berlusconi é riabilitato, ma delinquente era e delinquente resta” così titola il Fatto Quotidiano domenica 13 maggio. Il tribunale di Milano fa decadere gli effetti della legge Severino dopo la condanna per frode fiscale Mediaset. I kamikaze di Forza Italia pronti a lasciare il seggio al capo con le elezioni “suppletive”. La decisione del tribunale anticipa di qualche mese la scadenza naturale della condanna. I sei anni di incandidabilità finivano l’estate del 2019. Berlusconi sarebbe tornato eleggibile il prossimo anno e se la legislazione non si sarebbe interrotta prematuramente, avrebbe preso uno a caso dei suoi eletti nell’uninominale e l’avrebbe convinto a dimettersi per candidarsi al suo posto. Cosa, comunque, che pare si appresti a fare ora. Un evento che non cambia lo stato delle cose, Berlusconi non ha quasi mai messo piede in parlamento neppure quando era deputato e così sarà se verrà rieletto. La vita parlamentare lo annoia, a meno che non sia lui il premier. La sola idea di valere 1 su 945 lo fa impazzire.
Non credo ci sia, poi, l’effetto acchiappa voti. Se pensiamo che il 4 marzo, sulle schede di Forza Italia c’era scritto “Berlusconi Presidente” eppure hanno preso il minimo storico di consensi, continuando a perdere anche alle regionali successive, possiamo dire che non ci sarà effetto traino. Gli elettori lo vedono come un pericolo non come una risorsa. Questo non significa che non conti più nulla, anzi la sua furbizia e il suo prendersi gioco anche degli alleati è evidente. Il timore reverenziale che lo circonda traspare in ogni occasione pubblica e istituzionale. È il timore che gli riserva l’intero sistema. Un timkre che nasce dal potere dei soldi, dalla potenza mediatica, dalla capacità di ricatto su tutti quelli che ha corrotto o beneficato o che sono stati suoi complici.
Certo la parola riabilitazione fa pensare a una forma di revisione di giudizio sui suoi crimini, ma così non è. La riabilitazione giudiziaria non c’entra nulla col merito delle sentenze definitive: ne annulla solo gli effetti, senza sfiorare i verdetti nè tantomeno cancellare i delitti e le connesse responsabilità etico-politiche. Si limiga a smacchiare la fedina penale dei pregiudicati che dopo un pò di anni abbiano tenuto buona condotta. Ora, che, dopo la condanna definitiva per mega-frode fiscale dei diritti Mediaset e i dieci mesi di di servizi sociali “non sia tornato a delinquere, è piuttosto improbabile. Dalle indagini del Ruby-ter risulta che continuò a pagare decine di testimoni chiamati a deporre nei suoi processi (oltre a essere indagato a Firenze per le stragi del 1993 e imputato a Bari per aver pagato Giampi Tarantini per mentire ai pm: fatti, questi, antecedenti alla condanna del 2013), ma per affermare che quella è corruzione bisogna attendere la sentenza definitiva”.
Marco Travaglio scrive:”…nessuna riabilitazione potrà mai cancellare i fatti inoppugnabili che fanno di B. nell’ordine: un frodatore fiscale incallito, il protagonista di un patto di mutuo soccorso stipulato nel 1974 con i vertici di Cosa Nostra, un finanziatore per 18 anni della mafia ( anche di quella corleonese di Riina, Bagarella e Provenzano, fino al 1992, l’anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio), il compare di un condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa, il probabile terminale della trattativa Stato-mafia, un corruttore di senatori e testimoni, un pagatore occulto di Craxi, un piduista per giunta falso testimone sulla iscrizione alla loggia di Licio Gelli, il capo di un gruppo che corrompeva giudici, finanzieri e politici, comprava sentenze, falsificava bilanci, accumulava montagne di fondi neri all’estero, scippava a un concorrente il primo gruppo editoriale a suon di mazzette, entrato in politica nel 1994 per scampare alla galera e alla bancarotta con 60 leggi ad personam o ad aziendam…”

di Claudio Caldarelli