I morti da una parte sola nelle proteste di Gaza

Ma che succede a Gaza? Succede che i palestinesi della Striscia hanno indetto una protesta chiamata “Marcia del Ritorno” in cui, per sette venerdì di fila a partire dal 30 marzo, si sono radunati al confine sud con Israele per ricordare quel maggio 1948 in cui al termine della guerra nacque lo stato ebraico e per sancire il loro “diritto al ritorno”, secondo il quale i discendenti dei rifugiati che persero le loro case settant’anni fa possano ritornare alle proprietà confiscate allora nei territori su cui ora sventola la stella di David. La protesta si è conclusa proprio il 15, il giorno dopo l’anniversario della nascita d’Israele che comportò la Naqba, l’esodo di massa dei palestinesi dalle loro terre. E sempre la terra ha segnato l’avvio della manifestazione iniziata – appunto – con la “Giornata della Terra”, che segna un’altra espropriazione da parte del governo israeliano di terre di proprietà araba in Galilea, questa avvenuta il 30 marzo 1976. Tutto finito adesso? Neanche per niente, perchè la protesta è stata tutt’altro che pacifica. Ma se da una parte i palestinesi scagliavano pietre al di là del confine contro i militari israeliani schierati, dall’altra parte si rispondeva con le pallottole. Solo nella prima giornata di rimostranze ci furono 16 morti e più di mille feriti nella Striscia. Secondo l’ONU, a fine aprile erano 45 i manifestanti morti ma il bilancio potrebbe essere più alto. Ma questo sembra importare a pochi, perchè settimana dopo settimana se n’è parlato sempre meno. Poi ci si è messo anche Trump, che ha deciso di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme gettando altra benzina sulle proteste. E infatti, dal giorno dell’inaugurazione della nuova sede diplomatica, lunedì 14 maggio, ci sono stati altri 66 morti palestinesi negli scontri al confine con Israele.

di Valerio Di Marco