Paolo Borsellino: coinvolti soggetti esterni a Cosa Nostra

Il più grave depistaggio della storia, dopo 25 anni, i misteri sulla strage di via D’Amelio e della scomparsa della agenda rossa di Paolo Borsellino, coinvolge soggetti esterni a Cosa Nostra. La strage in cui persero la vita, il giudice Paoll Borsellino e i ragazzi della scorta, avvenuta il 19 luglio del 1992, dopo quattro processi celebrati per scoprire gli assassini, ancora oggi rimangono molti interrogativi senza risposta, dalle modalita del depistaggio, chi lo ha condotto, al motivo per cui sono state depistate le indagini. La scomparsa dell’agenda rossa, l’ipotesi sul coinvolgimento dei “servizi” e l’accellerazio e del progetto di morte eseguito 57 giorni dopo l’omicidio di Giovanni Falcone.

La ricerca della verità viene ricostruita dalla sentenza che ha impegnato, nei diversi processi, trenta giudici, altrettanti pubblici ministeri, avvocati, decine di condanne, molte eccellenti. La bomba, esplosa quel 19 luglio ‘92,  ha ucciso Borsellino, e cinque della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina. Dopo 25 anni sappiamo tutto e nulla. Venti ergastoli comminati per mandanti ed esecutori mafiosi sono un ottimo risultato investigativo, ma comunque un piccolo tassello su una verità scomoda e complessa. Delle informazioni raccolte, dei verbali, dei fascicoli che ricostruiscono come venne assassinato Borsellino, sono incompleti e alcuni falsi. Falso era la testimonianza del pentito Vincenzo Scarantino che si autoaccusò della strage sotto la minaccia di sevizie e torture. Falso era il suo profilo criminale, promosso per l’occasione da balordo di periferia, ladruncolo di gomme di auto che scambiava con dosi di eroina, a boss mafioso stragista.

Falso era il teatrino di “pupi” testimoni e riscontriche gli avevano costruito attorno, con pentiti altrettanto falsi come Francesco Andriotta, Salvatore Candurra e Calogero Pulci, travestiti da complici reo confessi. Falsa era anche la colpevolezza degli imputati condannati sulla base delle dichiarazioni di Scarantino. Su tutto il resto, sui mandanti, sui moventi di quella che viene definita la carneficina più misteriosa del dopoguerra, c’è ancora il buio pesto. Possiamo immaginare, ma non sappiamo perchè Cosa Nostra abbia accellerato l’uccisione di Borsellino 57 giorni dopo la strage di Capaci con l’uccisiine del giudice Falcone. Possibile è che sapeva della Trattativa Stato-mafia e era giunto alla verità, una verità scritta nella agenda rossa sparita subito dopo la strage. I pupari, che hanno ideato il clamoroso depistaggio, hanno lasciato poche traccie, ma ci rendiamo conto che senza l’ausilio di apparati di intelligence difficilmente si poteva ordire una trama cosi ben tessuta. Il risultato è che dopo 25 anni sulla strage di via D’Amelio sappiamo poco e quel poco non è neanche tutto vero.

C’è voluta la collaborazione di Gaspare  Spatuzza per conoscere le fasi esecutive della strage e sconfessare definitivamente Scarantino. Le dichiarazioni di Spatuzza che aveva parlato di falsi pentiti già dieci anni fa, hanno dato il via al quarto processo sulla strage che ci ha fatto scoprire, ciò che sapevano ma non potevamo provare, che ci sono stati soggetti esterni a Cosa Nostra dietro le stragi.

di Claudio Caldarelli

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