CineCult Intervista – Giorgio Cavazzano e la vignetta perfetta

Nella vignetta a fianco è contenuto, secondo il suo disegnatore, il fumetto perfetto del ’suo’ Topolino.

Veneziano, classe 1947, uno dei migliori e più innovativi disegnatori di fumetto, Giorgio Cavazzano [foto in fondo alla pagina] ha rivoluzionato il modo di realizzare quest’arte e quindi per noi lettori di goderne. Il tratto unico, riconoscibile, quasi tridimensionale pur essendo sulla bidimensionalità della carta, fa di lui uno dei massimi autori Disney della Storia, per una carriera improntata sulla ricerca artistica, applicata ai Paperi e al mondo di Topolino, con capolavori che entrano nell’Enciclopedia del fumetto di tutti i tempi. Tre storie, tra le tante: la parodia di Casablanca, ma anche “Il segreto del vetro”, del 2003, la prima storia ’italiana’ di Spiderman, realizzata in coppia con Tito Faraci e ambientata a Venezia e il recente “Topo Maltese – Una ballata del topo salato”, ispirata dal capolavoro di Hugo Pratt. Una lunga lista di personaggi Disney da lui inventati, da Reginella e Umperio Bogarto, da Ok Quack a Pandy Pap fino a Rock Sassi e a Vincenzo Paperica, che ha i tratti di Vincenzo Mollica. Collaborazioni extra-Disney con personaggi del calibro di Tiziano Sclavi e Bonvi, Cavazzano ha navigato sempre ai massimi livelli artistici in tutti i generi.

Incontriamo Giorgio Cavazzano in esclusiva per Close Up, seduti al tavolino di un bar, proprio fuori la sala stampa del Romics, il festival di comics giunto alla venticinquesima edizione, che si è svolto alla Fiera di Roma. Qui, il giorno precedente, ha tenuto un incontro con il pubblico e ha realizzato 10 disegni per 10 fortunati fan. Proprio alla manifestazione romana, alla quarta edizione del 2004, l’artista veneziano vinse il Romics D’Oro.

Durante l’incontro pubblico al Romics ha sottolineato quanto sia difficile disegnare Topolino, ci spiega perchè?
E’ vero, è una difficoltà che tutti noi disegnatori conosciamo. Topolino, infatti, ha bisogno di uno studio particolare perchè, anche se è composto, in sostanza, da tre cerchi e una pallina, basta modificare di poco la posizione del naso o delle orecchie per cambiare totalmente il personaggio. Sarebbe più facile disegnare il Topolino come veniva realizzato negli anni Trenta, fatto con il compasso e che poteva essere grassottello o con le scarpe più grosse. Non solo Topolino: anche Minnie è difficile, ma fortunatamente c’è il ’compagno’ Pippo che ci permette di esagerare in tanti elementi!

Come sono cambiati nel tempo i personaggi Disney nel loro tratteggio? Lei parlava di uno ’stile cinematografico’ che ha dato spazio ora a uno stile ’televisivo’, quale la loro differenza sulla carta?
Uno dei motivi per cui me ne andai dallo studio di Romano Scarpa, con cui lavoravo, era il limite creativo che avvertivo, una interpretazione del disegno Disney che andava molto soprattutto tra i disegnatori franco-belgi. Il disegno e la scena erano sviluppati in un piano orizzontale, come se il lettore fosse il pubblico in platea a teatro. A me non piaceva, volevo vivacizzare l’inquadratura, come se utilizzassi la macchina da presa, con i suoi movimenti. E’ uno studio: se giri un po’ una camera devi ritrovare un oggetto con le stesse proporzioni e la stessa posizione vista da un angolo diverso. Scarpa non lo capiva e rimaneva ’fermo’ come è rimasto fermo Luciano Gatto, entrambi non avevano interesse a proseguire a studiare i personaggi. Io la trovo una sciocchezza. Da questa regia ’cinematografica’ si è passati poi a una più televisiva, con grandi primi piani, come in una soap opera.

Com’è stata digerita questa sua rivoluzione dalla casa-madre Disney?
Malissimo! Mi hanno dato un ultimatum, era il 1968. Il direttore di Topolino di allora, Mario Gentilini, mi disse che avevano una lettera dei legali della Disney americana contro di me, io non ho mai creduto esistesse davvero. Me ne andai con la mia cartella, lasciai la Disney, tornai a casa da mia moglie Elena e da mio figlio pronto a cominciare da capo.

Come ha fatto – è proprio il caso di dire – a risalire la china?
Grazie all’amicizia con un grande sceneggiatore francese, François Corteggiani (i due realizzeranno poi insieme, tra gli altri, Capitan Rogers per Il Giornalino, ndr), nel 1972 chiesi un appuntamento al direttore di Topolino Francia, Le Journal de Mickey, e con la liquidazione di mia moglie presi un biglietto del treno e andai a Parigi. Qui il direttore della testata sottolineò che già conosceva il mio lavoro e che non avrei dovuto cambiare nulla. ’E’ bellissimo – mi disse – faccia esattamente quello che si sente di fare, lei è un autore, non un artigiano’. Quindi aprì un cassetto e mi diede una sceneggiatura e così è nata la mia collaborazione con i francesi.

In Francia ha avuto altre esperienze lavorative?
Mentre lavoravo al Journal de Mickey, sempre grazie a Corteggiani, nacque una collaborazione con una rivista parallela, il settimanale Pif Gadget, che mi chiese un aiuto per il restyling dei personaggi principali: un cane, un gatto e una famiglia (frutto della fantasia di José Cabrero Arnal, ndr). Mi affidarono per quattro anni la direzione artistica, al tempo la rivista vendeva 800 / 900 mila copie ed era di proprietà del Partito Comunista Francese che raccoglieva tutti i proventi delle vendite, lasciando povera la rivista stessa, che in breve tempo si inabissò, dovendo chiudere. Continuai a collaborare con il Journal e con l’altra rivista disneyanafrancese, Picsou Magazine, dove firmavo con uno pseudonimo, Auri, ’Stupito’.

E l’Italia?
Licenziato Mario Gentilini nel 1980, subentrò Gaudenzio Capelli, che fece la sua prima telefonata da direttore di Topolino proprio a me, facendomi tornare.

Com’è cambiato negli anni il suo rapporto con le sceneggiature?
E’ una domanda molto interessante. Io ho avuto una prima grande collaborazione, dal 1968 al 1972, con lo sceneggiatore Giorgio Pezzin, che era un folle, entrambi volevamo, allora, rompere gli schemi. Quindi un altro incontro importante fu quello con Rodolfo Cimino che scriveva le storie disegnando sulla carta e questo mi aiutò molto nel mio lavoro sui personaggi, i suoi racconti filavano perfettamente. La fortuna poi mi ha fatto incontrare anche altri grandi sceneggiatori come Tito Faraci, Tiziano Sclavi, Carlo Chendi, Francesco Artibani. A volte capita che mi arrivi una sceneggiatura che non mi piace e, a malincuore, la rimando indietro, pur mantenendo sempre un grande rispetto per chi scrive.

Come sono cambiati i suoi Paperi? Lei riguarda mai indietro il suo lavoro del passato?
Farei come Carl Orff: brucerei tutte le mie opere del passato, che trovo orribili! Ma un momento di svolta nel mio disegno è stato di sicuro nel 1987, quando uscì la mia versione di Casablanca. La chiave di tutto è stata una vignetta qui contenuta [nella foto in alto] (la numero 3 di pag 42 del volume I Maestri Disney n°4, ndr): questo è il Topolino che ho sempre voluto disegnare, per la prima volta era riuscito come volevo io, le proporzioni sono perfette e l’espressività è proprio quella che cercavo. Prima di questa vignetta disegnavo Topolino un po’ come capitava, non facevo grandi correzioni, anche se mi piacevano molto alcune sue inquadrature ed espressioni. Da quella vignetta in poi ho fatto un vero e proprio studio approfondito, cercando e studiando i frame di animazione e i libri dei grandi autori americani, tra cui mi ha molto colpito Fred Moore, il cui lavoro da allora mi ha molto influenzato. Questo lavoro di ricerca su Topolino l’ho poi applicato anche ai Paperi.

Prima di congedarci, un nota dolce: la sua lunga collaborazione con l’Algida…
Posso vantare oltre vent’anni di collaborazione con aziende quali l’Algida e i suoi gelati, per cui ho disegnato, con le battute scritte da un bancario di Milano, le barzellette del Cucciolone, ma ho realizzato anche pubblicità per la Fiat negli Stati Uniti e i personaggi degli Ovetti Kinder

di Carlo Dutto

tratta da www.close-up.it

Roma, 7 aprile 2019
Ha collaborato Francesco Chiatante.
Un ringraziamento a Francesco Verni e Maurizio Quattrini.

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