Un battello sull’estuario dell’Oceano Giustizia
Una vera battaglia navale. Giocata però con le regole degli scacchi. L’arrocco portuale del Nero appare inespugnabile. Il Bianco ripete fino all’estenuazione la sua mossa di scarrocciamento, avanti e indietro, a largo di Lampedusa, come il pezzo della torre costretto sulla sua orizzontale nel fondo scacchiera. Poi punta dritta in verticale sull’arrocco e già la difesa avversaria si scompone. Sotto gli insulti, le minacce istituzionali di sequestro navale e arresto, e quelle social-mediatiche di affondamento, stupro, omicidio: niente. Né tattica, né tantomeno strategia. La Capitana accosta drammaticamente sulla banchina, urtando lateralmente, allontanando con la sua massa navale l’ultima irrisoria difesa nera: quella di una motovedetta della Guardia di Finanza.
Intanto, tutt’attorno alla cruciale battaglia scacco-navale, circa un migliaio di migranti passa silenziosamente le linee delle acque territoriali, e sbarca invisibilmente sulle nostre coste. Questo il vero scacco matto subito ma taciuto dagli arroccanti: altro che affondamento della Sea Watch 3. Sì, gli sbarcati saranno tutti distribuiti in Europa, il comando avversario sarà denunciato, arrestato: certo, ma la partita la si è ugualmente persa, e clamorosamente. È come si volesse arrestare il vincitore di un prestigioso torneo di scacchi internazionale, perché ha parcheggiato l’auto sulle strisce pedonali o ha tamponato un altro veicolo. La vittoria e l’alloro di campione non può togliergli ugualmente nessuno. In quanto al sequestro del naviglio appare del tutto improbabile. Il decreto sicurezza bis lo prevede solo in caso di reiterazione. Questa barca, però, non ha ancora reiterato proprio nulla.
In ogni caso, sequestrato e perfino affondato quel battello, ne apparirà subito un altro in ogni estuario fluviale che sfocia sull’immenso Oceano Giustizia. Non se ne sono accorti ma la Capitana aveva a bordo anche tutti i violentati, i negati, gli affogati di ogni Rio Bravo, Rio Grande, Dio Profitto del mondo. A far riemergere e sospingere in superfice il suo naviglio saranno sempre le potenti correnti di fondo di quell’Oceano. Più si vorrà negare questa realtà, più si spingeranno padri, madri a stringersi un figlio, una figlia dentro la propria maglietta, per tentare di salvarli dalla brutalità dei potenti/prepotenti, razziatori del loro futuro. Sarà chi vuole negare, vietare la spinta planetario-oceanica alla giustizia ad ammassare altri cadaveri sulle sponde del diritto a salvarsi dalla violenza e dai soprusi. Prima di morire suicida, per sottrarsi alla cattura dei nazisti, il grande filosofo tedesco Walter Benjamin lascia scritto nelle sue Tesi sul concetto di storia: “Neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere”. No, oggi come ieri neanche i morti sono al riparo. Riparo, riparare, contiene dentro di sé il lemma di ripa, riva, sponda. E il mondo odierno, diversamente da quello di ieri, vede i confini terrestri, marittimi, statali, continentali aboliti di fatto da economia, scienza e tecnologia. Così neanche le sponde, le rive rimango riparate, separate, chiuse da un confineinterno. Sono sempre esterne. I morti, come quel padre e quella figlia galleggianti su una sponda del Rio Bravo messicano (chiamato Rio Grande dagli yankee), proprio perché non hanno interiore riparo, si allineano come ponte esteriormente aperto, ben visibile agli occhi e alla coscienza. I loro negatori non possono più occultarli dentro. Li stanno soltanto ammassando fuori. Per il passaggio di altri fuggitivi sopra il corpo messianico del loro tragico sacrificio.
di Riccardo Tavani