Dimmi Tiresia
E’ in scena al Teatro Basilica dall’11 al 16 di febbraio – nella sezione danza – Dimmi Tiresia – scritto e diretto da Luisa Stagni, coreografia Luca Piomponi, con Lucrezia Serafini, Luca Piomponi e Luisa Stagni. Supervisione artistica Aurelio Gatti, MDA produzione danza.
Si tratta di una grande suggestione per una ricerca sull’elaborazione cognitiva dello spazio-tempo.
Dimmi Tiresia, scrittura teatrale inedita di Luisa Stagni (attrice, regista e drammaturga) nasce nel 2015, come una lirica dell’ascolto: l’autrice, resa cieca dalla malattia, approfondisce e concentra la sua ricerca sulla percezione, sensoriale e relazionale, come metodo e formazione dell’attore. Dopo gli spettacoli CieKaPuk e Via Calafrutti 30, con Dimmi Tiresia la cecità non è più uno status di menomazione, ma la condizione – quasi necessaria – per la conoscenza.
Potrei parlare per ore del vecchio Tiresia, del suo tragico destino, dell’incontro con gli dei e dell’eterna punizione di trasformarsi in donna per poi, trascorsi sette anni, tornare nuovamente ad essere uomo.
Ma ciò che mi ha colpito è altro.
La storia che ci viene narrata, è un viaggio dentro le emozioni, brividi sulla pelle, sussulti, fremiti, stupore. Si viene quasi sopraffatti da tanta bravura, ci si ferma protesi all’ascolto di un testo le cui parole entrano dentro l’anima, l’accarezzano, a volte la graffiano, lacerano il cuore, lo feriscono, lo scalfiscono e poi lo proteggono, lo abbracciano quasi a volerlo salvare, accudire, curare, guarire.
Silenzio. Gli applausi esplodono copiosi solo alla fine, gli occhi puntati su ogni particolare, su ogni parola, sul tono delle voci, sull’espressività degli attori, sui corpi e la loro gestualità. La comunicazione si esprime in mille modi diversi e tutti ci raccontano non solo una storia ma la personalità di ogni attore… forse di tutte le “persone” che interagiscono sul palcoscenico.
Alla fine si ha la sensazione di conoscerli tutti, c’è la consapevolezza di aver riflettuto, di essersi arricchiti dentro, di uscire dal teatro con una nuova conoscenza di se stessi, con un vissuto emotivo scartato per la prima volta e assaporato, sorseggiato lentamente come una novità riflessa nel nostro specchio interiore.
Il coro, così tragico e così riflettente, intona preghiere e suppliche definite in tutte le sue sfumature. L’Ottava giusta, sono il tocco di maniera che arricchisce e attrae, le sirene di Ulisse al quale è difficile resistere al rapimento emotivo. Impegno e dedizione per trascrivere una partitura che ci rende felici di esserci stati dentro quel tanto che basta per dire noi c’eravamo. Un incantesimo di parti singole ben orchestrate dove il movimento si allinea alla voce della protagonista, Tiresia che più Tiresia non si può. La bellezza non sempre tragica è nell’insieme dei talenti che si intersecano per la realizzazione del sogno artistico di Luisa Stagni. C’è tutto, la danza passionale che richiama il desiderio ripudiato dalle parole, l’atmosfera che aleggia sopra gli spettatori, curvi in avanti per carpire ogni sillaba di Tiresia-Stagni, ma anche ogni nota “giusta” sussurrata da volti supplicanti, dalla sagoma immobile di un anziano re senza più bastone di comando, tutto espanso dall’ansia sensuale e passionale dei danzatori: incontro con le proprie-nostre emozioni. Si, la meraviglia di esserci stati dentro ci fa scoprire in Tiresia, un teatro che è qualcosa di più sconvolgente di una semplice rappresentazione, è un sentirsi parte della complessità della messa in scena, è un sentirsi avvolti da un’emozione fuori dal tempo.
La storia che ci viene narrata, è un viaggio dentro le nostre emozioni, un percorso di vita, un cammino prezioso, un sentiero di nuove esperienze da scoprire.
Concludo ricordando un immenso Andrea Camilleri, in una Conversazione su Tiresia, quando arriva al cinema per la prima volta in un viaggio tra mito e letteratura, sulle orme del famoso indovino alla ricerca dell’eternità.
Ecco le sue parole più significative e commoventi:
“Da quando io non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente”.
di Claudio Caldarelli e Stefania Lastoria