Fannys: morire a Nairobi a 13 anni
Una coppia di coniugi, si trovano dal 6 febbraio scorso a Njiru, un poverissimo sobborgo di Nairobi (Kenya). Grazie a un contatto che la loro figlia istituì anni fa, si sono impegnati in due mesi di volontariato nell’orfanotrofio Progressive Focus Center, creato e gestito da Mum Sally, una donna di straordinaria energia che, lasciando il suo impiego presso l’ambasciata americana, si è dedicata da anni al soccorso di bambini orfani o abbandonati. Ce ne sono circa 40, dai 4 ai 15 anni, cui si aggiungono nelle ore scolastiche una decina di allievi “esterni” le cui, per altro ridottissime rette, consentono di coprire il salario degli insegnanti. Per il resto il centro vive di donazioni private e non riceve aiuti governativi.
Qui hanno conosciuto tra i tanti bambini, anche Fannys.
Grazie a loro ci è stata raccontata la sua storia.
Una ragazzina di soli tredici anni la cui esistenza si potrebbe riassumere in poche righe, ma crediamo che proprio per la sofferenza vissuta, non abbia bisogno, anche nella morte, di essere ricordata persino con poche parole.
Come a dire poco di tutto in vita, assenze, mancanze, dolori e poi… poi fino alla fine anche poche parole per parlare di lei.
No. Questo Fannys non lo merita.
Fannys arrivò in questo orfanotrofio da piccolina, orfana di madre, abbandonata dal padre, ha trovato in questo posto una lama di luce che Mum Sally ha portato nella sua vita già martoriata.
Si aggirava come gli altri bambini, tra le stanze e le aule tirate su con un po’ di cemento e un po’ di fango. Qui ha trovato ciò che non conosceva: affetto, amore, coccole, attenzioni. Qui ha conosciuto tanti fratelli e sorelle con cui giocare, sorridere, fingere di non ricordare il passato. Occhi luminosi e spenti nello stesso tempo. Si può? Direte voi. Si, qui si può.
Perché tutti questi bambini hanno alle spalle storie di abbandono, di povertà, di genitori morti in un regolamento di conti nel narcotraffico in cui erano coinvolti, storie di bambine e ragazze violate.
Uno dei primi giorni di febbraio, Fannys è stata trasferita in ospedale per una grave malformazione cardiaca che già le era stata diagnosticata ma solo in seguito a gravi problemi renali che ne hanno reso necessario il ricovero.
Mum Sally, ovviamente, non avrebbe potuto permettersi di pagare le spese ospedaliere, inaccessibili per chiunque, trattandosi di un intervento; ma con caparbietà e determinazione ha saputo esigere l’accesso ai fondi governativi per l’infanzia che, per quanto stanziati nel bilancio dello stato, di rado arrivano a rispondere alle esigenze dei bambini cui sono destinati.
La piccola grande Fanny è stata messa in uno stanzone di un ospedale, con 15-16 adulti ricoverati, tra i lamenti, in un’aria ovviamente mefitica e maleodorante, in cui bisogna ritenersi fortunati se non si deve condividere il letto con altri malati o se il personale non è costretto a sistemare i malati su materassi poggiati a terra in mezzo a letti e barelle. E c’è sia pure nella malasorte, qualcosa di straordinario nel fatto che comunque in qualche modo l’ospedale funzioni e a Fannys sono state fatte tre sedute di dialisi; è il più grande ospedale pubblico del Kenya e vi si rivolgono da tutto il Paese, mentre chi può permetterselo, o che può permettersi un’assicurazione, si cura in una delle innumerevoli cliniche private che qui costituiscono un grande business.
Tutto l’orfanotrofio pensa a Fannys, la sua mancanza si fa sentire ma gli altri bambini sono certi che torneranno a giocare con lei, hanno ancora nei loro cuori quella speranza che spesso manca agli adulti.
I medici diranno poi che non ce la può fare, nessun tentativo con organizzazioni umanitarie potrebbe andare in porto perché è intrasportabile.
Così, senza lamentarsi, il 13 marzo 2020 Fannys muore in uno stanzone dell’ospedale Kenyatta di Nairobi.
A piangerla e a ricordarla ci sono quei fratelli e quelle sorelle conosciuti all’orfanotrofio, c’è Mum Sally e Agnes, una sua zia che l’aiuta in cucina con i bambini. Ci sono tutti coloro che hanno trasformato un periodo della sua vita in una sorta di paradiso, tutti coloro che le hanno regalato incondizionatamente tutto ciò che la vita da subito le aveva sottratto.
Una vita che fino all’ultimo si è rivelata traditrice.
Fannys non c’è più. La sua storia verrà narrata ai nuovi bambini che entreranno a far parte dell’orfanotrofio, in fondo spetta a loro continuare a farla vivere nel ricordo. Noi possiamo solo raccontare della sua breve vita a chi, non l’ha mai conosciuta e mai la conoscerà. A noi il privilegio di farla rivivere ancora e ancora con le sole parole. E finché la sua storia resterà impressa nell’anima di qualcuno, Fannys sarà sempre con tutti noi.
di Stefania Lastoria