UN ESTRANEO SULLA STRADA

Nel primo capitolo della “Fratres Omnes” Francesco fa un esame spietato della società di oggi, con la fine della coscienza storica, con l’assenza di un progetto di sviluppo per tutti, con lo sfruttamento di parti della popolazione mondiale senza diritti.

È una società in cui << la distanza fra l’ossessione del proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma>>.

È una società fondata sull’egoismo, nella quale abbiamo perso il senso della fraternità, con la pandemia che ne ha messo in evidenza i limiti organizzativi e la mancanza di dignità umana sulle frontiere, proprio in un’epoca in cui <<le migrazioni costituiranno un elemento fondante del futuro del mondo>>

È una società con aggressività senza pudore, con informazione senza saggezza, nella quale <<traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono>>.

Eppure, nonostante tutto, c’è un invito alla Speranza, che nella recente pandemia <<ci ha permesso di apprezzare tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita.>>

 

Ecco, nel secondo capitolo: “Un estraneo sulla strada” Francesco ci chiama tutti ad essere partecipi, insieme, del percorso per una società migliore, per un Nuovo Umanesimo.  

Ma lo fa partendo da una parabola del vangelo di Luca, cioè da considerazioni religiose che sembrerebbero riguardare solo il mondo dei credenti.

E però ricorda che l’enciclica è rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni.

Luca racconta che in una disputa tra un dottore della legge e Gesù, dalla quale si definì che per avere la vita eterna si doveva amare in ogni modo e forza il Signore Dio e il prossimo come te stesso, il dottore chiese chi fosse il suo prossimo.

E Gesù rispose con un esempio, con la parabola del Samaritano…

Un viandante cadde nelle mani dei ladroni, che lo derubarono e lo lasciarono mezzo morto.

Passò un sacerdote, lo vide ma non se ne curò. Ugualmente fece un levita (cioè una persona destinata ai servizi nel Tempio).

Invece un samaritano (una persona considerata di bassa casta dagli ebrei) quando lo vide ne ebbe compassione, lo curò, lo condusse in un albergo e ne pagò le spese…

E Gesù chiese chi fosse “il prossimo” per il viandante, e il dottore in legge dovette rispondere “chi aveva avuto compassione di lui” …

Sono molte le considerazioni di Francesco sulla parabola, e non solo religiose.

La prima, la più importante, riguarda che al centro della propria vita c’è un comandamento unico, fondamentale, quello dell’amore, amore di Dio e del prossimo, da attuare come ha fatto il samaritano.

C’è poi la condanna dei religiosi (sacerdote e levita) che sono istituzione, ma non comunità. Viene da pensare alle dure battaglie del pontefice per la riforma della chiesa cattolica nei confronti dell’apparato di potere esclusivo della curia, viene da sottolineare la sua volontà di realizzare la chiesa del concilio vaticano secondo, la chiesa dei poveri e della misericordia, superando l’ostilità dei conservatori intransigenti (antidivorzisti, eccetera …

C’è l’attenzione data a chi, più umile come i samaritani, si fa prossimo per il viandante, senza chiedersi se è ebreo, o gentile, o romano (nella tradizione ebraica, la fraternità era limitata all’interno della propria nazione).

C’è la chiamata a tutti a intervenire nei confronti di <<una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore>>, e di guardare al modello del buon samaritano << per fare risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale>>.

C’è la consapevolezza che <<ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada>>.

I briganti li conosciamo, sono quelli <<della violenza utilizzata per meschini interessi di potere, accumulazione e divisione>>.

Quelli che passano e non si fermano hanno invece vari aspetti, essere indifferenti, ripiegarsi su di sé, disprezzare i poveri e la loro cultura.

C’è poi l’attenzione verso l’uomo vittima dell’aggressione. Spesso siamo noi a sentirci tali, quando <<nella società globalizzata esiste un modo elegante di guardare dall’altra parte, che si pratica abitualmente sotto il rivestimento del politicamente corretto o delle mode ideologiche>>.

Ma dobbiamo essere aperti al futuro, ad applicare noi il comportamento del samaritano senza barriere culturali e storiche. Ecco, c’è la relazione di fraternità che può, che deve realizzarsi in una comune scelta comportamentale, nel modello di vita del buon samaritano, proposto per tutte le persone di buona volontà,

Infine Francesco torna agli aspetti religiosi, quando ricorda che per i cristiani c’è la dimensione di riconoscere Cristo in ogni fratello abbandonato o escluso, quando si rattrista per il fatto che la chiesa ha tardato, molto, a condannare la schiavitù e varie forme di violenza. Oggi non abbiamo scuse, eppure ci sono ancora varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi.

E allora si deve avere il senso sociale dell’esistenza, e <<la fede, con l’umanesimo che ispira, deve mantenere vivo un senso critico davanti a queste tendenze e aiutare a reagire rapidamente quando cominciano ad insinuarsi>>.

In questo secondo capitolo Francesco rompe gli indugi. Per avviarsi ad una società più giusta, più solidale, è necessaria una unità di intervento di veri cristiani e di donne ed uomini di buona volontà, per i quali viene proposto il modello del buon samaritano.  

 Non è un cammino semplice.

Qui da noi è stato trovato l’accordo per andare in Europa ad ottenere centinaia di miliardi di euro, in prestito o a fondo perduto. Ma su cosa farne, verso quale modello di società avviarsi non ci sono indicazioni.

Potrà forse essere un aiuto per una società più giusta se tra i cittadini sarà sempre più forte la scelta di soccorrere un uomo ferito, abbandonato sulla strada.

di  Carlo Faloci