Il Ministero per la transizione morale

Gli eventi degli ultimi mesi hanno reso ancor più evidente che il nostro Paese ha un grande bisogno di riforme. E per riforme intendo l’eliminazione degli ostacoli al buon andamento della cosa pubblica e della vita civile sotto i diversi aspetti (politico, economico, giudiziario eccetera), non i soliti farneticanti e poco concreti dialoghi sui massimi sistemi. Da quanto tempo se ne parla senza cavare un ragno dal buco? E quanti aspetti dell’impianto organizzativo dello Stato sono stati più volte modificati senza ottenere i risultati che i “riformatori” promettevano?

Detto più chiaramente, quante volte ci hanno preso in giro con cambiamenti gattopardeschi che nulla hanno cambiato a favore del sempre più invocato e dileggiato popolo sovrano?

L’esempio più significativo di inganno pseudo-riformista, con l’aggravante dell’offesa, lo ha fornito un certo Calderoli, che ha retto per tre anni e qualche mese il “ministero delle semplificazioni” di uno dei governi Berlusconi. Ha affermato di avere eliminato ben 29.000 leggi inutili, eliminando così i bizantinismi e le complicazioni, palla al piede del nostro sviluppo economico e della convivenza civile. Non si era neppure accorto di avere, con i suoi illuminati provvedimenti, abrogato anche diversi comuni italiani, tra cui Follonica, Sabaudia, Carbonia e Aprilia (lasciando senza municipio 143.601 cittadini solo per questi quattro). Poteva sembrare soltanto una svista da “dilettante allo sbaraglio”, ma le conseguenze del suo atto furono anche peggiori: il ripristino della pena di morte (aveva abrogato il decreto legislativo del 1948, che attuava il relativo principio costituzionale) e l’impossibilità di risarcire lo Stato dagli eventuali (ma non infrequenti) danni economici provocati da amministratori e governanti poco… attenti (aveva abrogato la legge istitutiva della Corte dei Conti). Furono necessari appositi provvedimenti urgenti per evitare il caos.

Beh, forse non si trattava proprio di una svista.

Comunque, quella scervellata semplificazione è risultata del tutto inutile rispetto alle finalità che voleva perseguire: tutti, e per primi i suoi compagni di partito, hanno continuato a dire, anche negli anni successivi, che c’è un estremo bisogno di semplificare leggi e regole. E, paradossalmente, hanno ragione.

Non c’è, però, da stupirsi di tanta abilità. Il nostro prode leghista, infatti, aveva già dato buona prova di sé “riformando” la legge elettorale uscita dal referendum del 1993, e inventandosi una legge talmente peggiorativa che lui stesso sentì il dovere di definirla una porcata (da lì il nome “porcellum”). D’altronde si ispirava alla legge elettorale fascista ed era così ben scritta da essere incostituzionale in più parti (sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale).

Riforme? Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto Totò.

Poiché Calderoli siede ancora in parlamento assieme a tanti altri suoi colleghi, forse ancor più inesperti (o esperti? non l’ho ancora ben capito), non è assurdo preoccuparsi del fatto che una riforma, per essere degna di questo nome, deve migliorare la situazione che modifica: che, come si vede, non è per niente automatico.

In considerazione dei precedenti (quelli citati sono solo una piccola parte delle tante riforme-truffa) ritengo che sarebbe un utile esercizio provare a pensare a qualche piccola riforma certamente utile, ma probabilmente destinata, proprio per questo, a non essere mai attuata da “questi qua”, come Filippo Ceccarelli chiama l’attuale classe politica.

È proprio l’attualità a suggerire quelle più necessarie, che hanno, inoltre, il pregio di poter essere attuate ciascuna con una piccola legge di un solo articolo.

La prima sarebbe (il condizionale è d’obbligo) la norma che impedisce di fare una crisi di governo senza avere una maggioranza alternativa (la cosiddetta “sfiducia costruttiva”). È in vigore in Germania e funziona benissimo. Ogni tanto se ne parla anche da noi, ma senza mai provare a metterla in pratica.

Avrebbe evitato l’ultima crisi di governo? Avrebbe tenuto lontano il salvatore della Patria, Mario Draghi?

Certamente avrebbe evitato una crisi al buio, una pessima figura in campo internazionale e la lunga immobilità del governo, tenuto sotto scacco per mesi da una forza politica del tutto minoritaria in uno dei periodi più difficili della nostra storia recente.

Se poi fosse vero che Renzi avesse già in animo di far sostituire Conte con Draghi (non ci credo, ma facciamo pure questa ipotesi benevola) quella norma non glielo avrebbe certo impedito. Sarebbe stato però necessario acquisire prima il consenso dei partiti interessati: cioè fare una cosa seria. Magari avremmo ottenuto una maggioranza più omogenea e coerente. In ogni caso, non avrebbe potuto appiccare l’incendio (un incendio è sempre pericoloso) per poi vantarsi di aver fatto venire un bravissimo pompiere, come qualcuno ha fatto notare. Come dice un noto proverbio livornese, son tutti buoni a fare i piromani col… sedere degli altri!

Quel che è certo, è che una norma alla tedesca non soltanto darebbe maggiore stabilità ai governi, togliendo un potere improprio alle più sparute minoranze; ma renderebbe inutili due abitudini politiche deteriori e molto, molto abusate dai nostri.

La prima è che, dal momento che una sfiducia sic et simpliciter non sarebbe più possibile, i governi non potrebbero più porre la “questione di fiducia”, per impedire che alcuni provvedimenti possano essere modificati o bocciati dal parlamento. Non ne hanno abusato tutti governi? E poi, è il governo che deve seguire gli indirizzi del parlamento, non viceversa, e con pressioni quasi ricattatorie: o approvate, o cade il governo.

La seconda è che si toglierebbe la ragion d’essere a tante capriole trasformistiche dei parlamentari, spesso motivate proprio dalle questioni di fiducia o dalla volontà di mettere in crisi la maggioranza: ne abbiamo visti abbastanza, anche di casi come questi. Quel che si dice prendere due (anzi, tre) piccioni con una fava. E poi, quante sceneggiate ci risparmieremmo!

Un’altra riforma facile facile sarebbe l’abrogazione della legge Bossi Fini sull’immigrazione. A causa di questa legge, mai abrogata dai parlamenti a maggioranza di centro-sinistra (va’ a sapere perché…), non esiste alcuna alternativa ai “barconi” per chi voglia tentare di emigrare in Italia per ragioni economiche. Il pre-requisito per poterlo fare, infatti, è di avere un contratto di lavoro già prima di partire: come chiedere la luna! Non soltanto la legge ha come unico risultato pratico quello di fabbricare clandestini, ma impedisce anche le politiche di attrazione di immigrati con un’alta qualificazione professionale, attuate vantaggiosamente da altri paesi europei. Quanto agli immigrati per ragioni umanitarie, è difficile aspettarsi che uno possa partire con un volo charter da un teatro di guerra o da una dittatura sanguinaria! Questi, comunque, non hai diritto di bloccarli, sia sotto il profilo etico, sia per le convenzioni internazionali.

Oltre a fabbricare clandestini, la legge ha una notevole responsabilità verso le decine di migliaia di morti in mare. Significativa, a questo proposito, è la vicenda dei due capitani di pescherecci che salvarono 44 naufraghi e li portarono a Lampedusa nel 2007. In base alla Bossi-Fini subirono un processo durato quattro anni, 40 giorni di carcere preventivo, una prima condanna a più di due anni e il sequestro dei mezzi di lavoro. Un messaggio chiaro: soccorrere i naufraghi è pericoloso. Ma soprattutto, questa legge è la base giuridica dei “respingimenti”: una follia che, se da una parte si è rivelata del tutto inutile a frenare il fenomeno migratorio, dall’altra ci ha reso complici e finanziatori dei trafficanti-schiavisti-torturatori libici.

Anche qui, basterebbe una piccola legge di un solo articolo.

Un’altra riforma mai fatta dovrebbe rispondere a queste semplici domande.

La prima: può un presidente del consiglio essere proprietario di reti televisive? Sono passati venticinque anni da quando il quesito fu posto, e la “riforma” che avrebbe dovuto sciogliere il nodo fu la legge Gasparri.

Ma già! anche lui era “dipendente” di Berlusconi, in quanto ministro del suo governo. Come dire che le regole sul traffico delle pecore le inventa il compare del lupo.

La seconda: può un senatore della Repubblica essere sul libro paga di uno Stato estero, oltretutto retto da un regime autoritario molto lontano dai nostri valori costituzionali? A proposito di questa domanda, permettetemi di esternare alcuni dubbi, forse infondati, ma per me fonte di una sottile angoscia. Ma la crisi di governo, Renzi l’ha innescata nel nostro interesse o in quello del suo datore di lavoro in terra d’Arabia? E perché non voleva rispondere alle domande sul suo conflitto d’interessi prima che si risolvesse la crisi di governo da lui stesso provocata? Giuro di non aver mai ascoltato una scusa così inconsistente per togliersi dall’imbarazzo.

Vado avanti? O già avete un senso di nausea?

Parliamo, allora, di un’ipotesi di riforma quasi utopistica, almeno con questi chiari di luna, che sarebbe utilissima in un Paese come il nostro, martoriato dalle mafie (il plurale non è a caso: sono proprio tante).

Immaginate un cittadino (lo chiameremo Peppe, che è un nome molto popolare) che dichiara un reddito di 10.000 euro l’anno, ma gira su un SUV che ne costa 60.000, abita in una villa con piscina e regala alla fidanzata brillanti milionari. Non sono pochi, i Peppe di questo tipo. Se non li ha ereditati, viene spontaneo chiedersi: ma come ha fatto? Ebbene, la legge che sogno farebbe sì, visto il divario tra il reddito dichiarato e il valore dei beni di Peppe, che lo Stato glieli requisisca. Senza processo e senza discussioni, a maggior ragione se quei beni sono intestati al solito pensionato ottantenne, o alla vecchia zia nullatenente. Senza processo, perché non sarebbe un fatto penale, da discutere e provare al di là di ogni dubbio, ma un fatto meramente amministrativo. Ma, potrebbe obiettare l’avvocato di Peppe (a proposito, come fa a pagare con quel reddito scrauso quell’avvocato di grido?) sono soldi guadagnati onestamente, lui è “solo” un evasore fiscale! La legge che sogno prevedrebbe, a quel punto, che allora Peppe potrebbe tenerseli… dopo avere, ovviamente, saldato il debito col fisco.

Quest’idea, così bislacca, non è, sia chiaro, in odio agli evasori fiscali. Piuttosto serve a rendere precari e incerti i guadagni di categorie sociali ben più pericolose: i rapinatori, i trafficanti di droga, i trafficanti di armi, gli affiliati e fiancheggiatori delle innumerevoli mafie che allignano in Italia, i vari corrotti arricchitisi col MOSE ed altre grandi opere, i truffatori d’ogni tipo, i funzionari e gli assessori che non fanno niente se non gli dai la “mazzetta” e via elencando le diverse amenità che intossicano la nostra vita civile. Avrebbe, ad esempio, fermato i Casamonica di Roma e i Fasciani e i Drago di Ostia; avrebbe reso meno tracotanti i Carminati e i Buzzi. Gli esempi sono innumerevoli. Certo, anche gli evasori, ma solo quelli peggiori, dovrebbero preoccuparsene: me ne dispiace, ma sono i danni collaterali di una giusta battaglia.

Ecco, queste sono alcune delle riforme che mi piacerebbe vedere. Ma so bene che dovrò accontentarmi di sognarle: “questi qua” non ce li vedo ad attuarle!

Neanche ora che abbiamo un governo nuovo, guidato da un uomo di indubbio valore e con una maggioranza così ampia. Avranno anche troppo da fare per risolvere i problemi economici e sanitari, oggi così impellenti, e per guidare le “transizioni” ecologica e tecnologica.

Ma il ministero per una “transizione” politica e morale ancora non c’è.

di Cesare Pirozzi                             

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