Sophie Scholl e la sua opposizione al nazismo

Sono passati cento anni dalla nascita di Sophie Scholl (9 maggio 1921).

Della resistenza dei giovani della Rosa Bianca molto si è scritto e anche il cinema ne ha efficacemente narrata la storia. Le tracce della vita dell’unica ragazza del gruppo sono, però, da scoprire nelle pagine dei suoi diari, nella sua copiosa corrispondenza, nel verbale degli interrogatori della Gestapo, negli atti del suo processo lampo, nelle testimonianze di familiari e delle persone sopravvissute della Weisse Rose.

La sua storia propria di una coscienza retta e libera, di un’anima profonda, di una bontà cristallina si racchiude tra due battesimi.

Il primo regala due nomi alla piccola Sofia Magdalena, il segreto della sua esistenza: la sapienza della “Sofia” e l’amore sconfinato della Magdalena, uniti nel motto in lei incarnato, di Jacques Maritain «bisogna avere un cuore tenero e uno spirito duro». Il secondo è quello del suo sogno finale la notte prima dell’esecuzione. Sophie sta portando un bambino a battesimo, si sente sprofondare, ma lo mette in salvo, mentre lei cade nel baratro: «Il bambino simboleggia le nostre idee… trionferanno dopo la nostra morte».

Sophie nasce in Germania il 9 maggio 1921 a Forchtenberg, cent’anni orsono, muore ghigliottinata a Monaco di Baviera il 22 febbraio 1943, a 22 anni. È la quarta di sei figli, il loro legame forte segnò profondamente la vita di Sophie e anche la sua sorte. Il padre Robert, cristiano liberale, sindaco della cittadina, fu sempre avverso al nazismo, particolarmente alla sua propaganda verso le giovani generazioni.

La famiglia Scholl viveva in una casa aperta all’ospitalità delle persone e delle idee, un luogo ricco di affetto e di allegria, di rispetto delle differenze, di uguaglianza tra maschi e femmine, uno spazio ampio di letture, anche di libri proibiti dal regime, di scambi intellettuali, di appassionata ricerca. È il terreno fertile in cui fiorirono i primi petali di quella che sarà poi la Rosa Bianca, tanto che i biografi definiscono questo laboratorio familiare un vero Scholl-Bund, la Lega Scholl.

La libertà femminile e la sua autonomia di pensiero spingono la giovane Sophie a uscire da tutte le organizzazioni della gioventù hitleriana, a contestarne la pedagogia sperimentata anche nel lavoro obbligatorio, a ipotizzare un ruolo speciale per le donne come nella sua tesina di maturità: «La mano che muove la culla, muove il mondo». Il suo amore per la natura, la bellezza e la musica, traboccante nei suoi diari non solo ne manifesta lo slancio vitale, fino all’ultimo respiro, ma diventa una vera forma di contemplazione spirituale, rivelando una fede schietta e forte, anche dentro il buio dell’oppressione, della guerra, della prigione, una fede viva che alimenta la sua coerenza.

«Non è anche questo un mistero, che tutto sia così bello? Nonostante l’orrore, continua a essere così.  Per questo soltanto l’uomo è capace di essere veramente crudele, coprendo questo canto col rumore di cannoni, di maledizioni e di bestemmie. Ma il canto di lode ha il sopravvento… ed io voglio fare tutto quello che è possibile per associarmi alla sua vittoria».

Anche in cella in attesa dell’esecuzione ormai certa sussurrava che in una giornata di sole così bella lei se ne doveva andare, tuttavia non le importava di morire se le sue azioni fossero servite a scuotere e risvegliare le coscienze.

Ecco. La coscienza di Sophie è quella dei giovani della Rosa Bianca. La stessa durezza di Sophie davanti ai suoi accusatori, stupiti dalla determinazione di questa piccola ragazza che fino all’ultimo dirà: «Non rinnego nulla. Sono convinta di aver agito nell’interesse del mio popolo. Non mi pento e ne accetterò tutte le conseguenze, non io, ma voi avete una falsa visione del mondo». Nelle ultime pagine di diario scriveva: «La vita è sempre sul bordo della morte, una piccola candela brucia esattamente come una torcia ardente… Scelgo da me il modo di bruciare». Lo stesso fuoco d’amore che la portò alla ghigliottina per proclamare fino alla fine la sua Libertà: Freiheit, l’ultima parola gridata dal fratello Hans davanti ai suoi carnefici e da loro regalata a noi per sempre.

di Stefania Lastoria

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