Una testimonianza di libertà e coerenza: Enzo Biagi

Il nome di Enzo Biagi fa pensare immediatamente al racconto, alle interviste, ad un giornalismo capace di arrivare, per la chiarezza narrativa, a chiunque si volesse soffermare ad ascoltare.
Una voce ferma, forte e al contempo garbata, dai toni morbidi, che poteva incantare davanti alla televisione per tutto il tempo del programma, attraendoti in modo irresistibile.
Sono rimaste sicuramente famose, da archiviare o studiare, le interviste a personaggi come Alì Agca, l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, a Luciano Liggio, a Tommaso Buscetta, ad Arthur Miller, per il programma “Il caso” del 1988, sul suo matrimonio con la indimenticata diva Marilyn Monroe, a Pier Paolo Pasolini nel 1971.

E si potrebbe continuare con tanti altri nomi, con inchieste e approfondimenti tracciati con cura, intelligenza, rispetto del proprio mestiere, libertà d’espressione. Perché la bellezza della sua opera, considerandola come un unico percorso, risulta anche dalla libertà con cui Enzo Biagi ha sempre voluto esprimersi, rimanendo coerente con il suo modo di intendere la vita e il proprio lavoro.

Dopo la morte di Falcone il suo commento, nel giorno dell’attentato, nel tracciare la fine del magistrato, mise, con poche parole, in forte evidenza quanto il giudice fosse stato lasciato solo dalle istituzioni nelle mani della mafia che, come Buscetta gli aveva raccontato in una precedente intervista, sa attendere anche per anni la sua vendetta. Poche semplici parole, quelle di Biagi, da cui trasparì tutto il suo rammarico e un sentimento schietto, senza ipocrita commemorazione: “sconfitto nella carriera, coi sospetti e la rivalità, non aveva dalla sua la forza del potere, come anche le vicende di Montecitorio e quelle di Milano dimostrano …bisognava riaffermare un’invincibilità (n.d.r. della mafia) e la missione è stata compiuta. E adesso forza con solito rituale, funerale con tante corone …”. In due minuti le parole di Enzo Biagi riassunsero il sentire della gente, il bisogno di fatti, in contrapposizione alla tante troppe chiacchiere.

Enzo Biagi riusciva a cogliere, in modo quasi empatico, il sentire delle persone anche più semplici, portando nelle case, nelle letture, con parole estremamente chiare, racconti di fatti e situazioni che, diversamente, sarebbero appartenuti solo ad una cerchia ristretta. Era una fonte pura e continua da cui attingere.

La gente lo capiva e lo accompagnava nel suo lavoro con simpatia e attenzione. I suoi programmi erano un appuntamento atteso, un attimo per pensare, per apprendere.

E’ indimenticabile la sua grande compostezza nel momento in cui la Rai decise di chiudere il programma “Il fatto”(31 maggio del 2001), seguito da milioni di telespettatori, per una forte diatrìba con l’allora presidente del Consiglio Berlusconi; un contrasto che si compose solo parecchi anni dopo quando tornò, riaccolto in Rai, con un nuovo programma, Rotocalco televisivo, che ottenne un immediato seguito e interesse, ricevendo anche parole di apprezzamento dallo stesso Berlusconi che dichiarò di aver trovato “avvincente” la prima delle due puntate.

La libertà d’espressione era (è) un bene che Enzo Biagi, ha voluto difendere, a ogni costo, rimettendoci in prima persona, dando una grande lezione sia di coerenza, che di grande giornalismo.

di Patrizia Vindigni

Print Friendly, PDF & Email