Lory, De Andre e la canzone di Marinella
Questa di Marinella è una storia vera, che scivolò nel fiume a primavera, ma il vento che la vide così bella dal fiume la portò sopra una stella…
Lory socchiude gli occhi, non trattiene le lacrime, si lascia andare e sogna, di Marinella una storia vera. Dal palco le note entrano dentro, penetrano nel cuore, la voce di Ilenia Volpe di graffia l’anima, scava nelle ferite più profonde, ma poi ti abbraccia, ti accarezza, ti libera da ogni tensione e poi ti fa esplodere in un pianto liberatorio, che ti riporta in volo, sopra le foglie degli eucalipti che profuma l’aria di Villa Ada. Caro Faber, un concerto fuori dal tempo, senza nessuna data temporale, una serata evento che ti lascia senza fiato, ti toglie il respiro e sei contento di esserci. Villa Ada incontra il mondo, ma qui, è il mondo che incontra Villa Ada, tenendoci per mano, accarezzandoci, cullati dalle dolci note dei versi poetici di De Andrè. I Faber Quartet, Marco Pinto, Bruno De Benedetto, Peppe D’Agostino e Mimmo Condello, non si risparmiano, interpretano Faber in modo magistrale, ti entrano dentro e condividono con il pubblico, il loro amore smisurato per Fabrizio. Lory si commuove, piange, ride, balla.
La musica e ancor di più i testi l’attraversano, la tagliano, la feriscono e la guariscono. Un mix di letteratura, recitazione, musica e interpretazione che ti sciolgono, ti spingono ad alzarti, a non rimanere seduto, a danzare, a ruotare. La musica di De Andrè e magia allo stato puro, è sogno, è emozione, è amore. Lory lo sente. Sente il richiamo ancestrale della sua essenza. Sente l’amore nei versi e nei suoni. I Faber Quartet non si risparmiano. Si concedono. Sono generosi con il pubblico ma più di tutto lo sono con Faber, con la sua presenza-assenza. Lory ha gli occhi umidi, l’emozione è forte, così come lo sono le parole di canzoni senza tempo che ci costringono ad una riflessione interiore profonda.
La Presenza sul palco di Ilenia Volpe e Mirko G. Mazza danno un tocco di maniera, chitarra e voce per sognare sotto le stelle di villa Ada incontra il mondo, e non ti lasciano. Ti tengono per mano. Ti accarezzano. Ti tolgono il respiro per farti respirare singhiozzando. Il pianto è liberatorio perché è un pianto d’amore. “Bianco come la luna è il suo cappello, come l’amore rosso il suo mantello, tu lo seguisti sez a una ragione, come un ragazzo segue un aquilone. E c’era il sole e avrei gli occhi belli, lui ti bacio le labbra ed i capelli…” Poi per finire Carlo Martello, la fantasmagoria scritta da Paolo Villaggio per il suo amico Faber, a chiudere un concerto in cui le parole per descriverlo perdono di significato. Così con l’ultimo fandango, tenendo per mano Lory, ci avviamo all’uscita, seguiti da una luna che ci piace pensare sia l’anima di Faber.
di Claudio Caldarelli