LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI?

Mario Moretti, condannato a sei ergastoli, reo confesso dell’omicidio di Aldo Moro, figura di spicco delle brigate rosse, di cui era uno dei principali animatori ed organizzatori, è in semilibertà dal 1997. Non si è mai pentito del suo percorso di terrorista e assassino, né si è mai dissociato dalla “guerra al cuore dello Stato” portata delle BR.

Si direbbe che ci sia una certa differenza rispetto alla vicenda di Alfredo Cospito. Non soltanto i reati di Moretti sono più gravi (Cospito è un anarco-insurrezionalista, ma non ha ucciso nessuno), ma anche la pericolosità delle BR era di gran lunga maggiore rispetto a quella dei gruppi anarchici. Le BR hanno davvero messo in pericolo le istituzioni agendo sinergicamente contro diversi fronti della società civile: magistrati, forze dell’ordine, politici, sindacalisti, giornalisti sono stati oggetto di sequestro, ferimento, assassinio e vere e proprie stragi come quella di Via Fani. Forse lo abbiamo dimenticato? Ma probabilmente nessuno si ricorderebbe degli anarchici, se non fosse per lo sciopero della fame di Cospito e per gli attentati, peraltro senza vittime, e le dimostrazioni che ne sono conseguite.

Fin qui, non si direbbe che la legge sia uguale per tutti: un terrorista pluriomicida con sei ergastoli è in semilibertà, mentre un insurrezionalista che non ha ucciso nessuno si prende il 41 bis e rischia l’ergastolo ostativo.

Ovviamente c’è un motivo tecnico e, per soddisfare la mia curiosità e il mio diritto all’informazione, sono andato a spulciare tra i codici e la cronaca.

Cospito è accusato di “strage” per aver fatto un attentato alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano, che non causò alcuna vittima, neanche un ferito. Nel caso non vi siano morti, la “strage” è punita, secondo l’articolo 422 del codice penale, con “la reclusione non inferiore a 15 anni”, ma non con l’ergastolo.

La strage è invece punita con l’ergastolo se è finalizzata ad “attentare alla sicurezza dello Stato”, anche se non vi sono vittime (articolo 285).

In teoria la norma sembra chiara, ma in pratica non lo è poi tanto. Come si identifica un attentato alla sicurezza dello Stato? A chi si applica questa fattispecie, che prevede una pena assai più grave?

Non è stata applicata alle stragi di via D’Amelio e di Capaci: ma i magistrati non fanno parte dello Stato? quelle stragi non erano una grave minaccia alla sicurezza dello Stato, aggredito e ricattato dalla mafia con una ben orchestrata sequenza di stragi e attentati?

Non è stata applicata per la strage alla stazione di Bologna, la strage dell’Italicus, quella di piazza della Loggia e della banca dell’Agricoltura – e non ne cito che alcune. Ma tutte queste stragi non attentavano alla sicurezza dello Stato? A che cosa servivano se non ad intimidire le istituzioni e l’intera cittadinanza? A quanto pare gli zero morti della scuola di Fossano hanno messo in pericolo la sicurezza dello Stato ben più delle decine e decine di morti, vittime del terrorismo di matrice politica o mafiosa.

In effetti, Cospito era stato condannato a venti anni per le bombe di Fossano, proprio perché l’attentato non aveva causato vittime; e già non è poco. Ma successivamente la Cassazione ha riqualificato il reato come “attentato contro la sicurezza dello stato”, rinviando gli atti alla Corte d’Assise d’Appello Torino per la revisione del processo e la trasformazione della pena in ergastolo ostativo. Questa Corte, a sua volta, ha chiesto alla Corte Costituzionale un parere sulla compatibilità dell’ergastolo ostativo con un attentato senza vittime. Al momento siamo in attesa della risposta.

Nel 1991 è stato introdotto il cosiddetto ergastolo ostativo, che non consente i benefici e gli sconti di pena normalmente previsti dalla legge. Anche questa tipologia speciale, come il 41 bis, è stata pensata per i reati di mafia e prevede che il condannato, per poter accedere ai benefici di cui sopra, debba dimostrare il suo ravvedimento collaborando con la giustizia contro la sua organizzazione di stampo mafioso. Di fronte al grave problema delle mafie, lo Stato ha adottato leggi speciali, la cui ragion d’essere deriva dalla peculiarità delle organizzazioni mafiose.

Al di là del giudizio su tale pena, però, la cronaca ci presenta un fatto sconcertante. Un mafioso, condannato all’ergastolo per omicidio, trovandosi fuori per quei benefici che, in quanto mafioso, non avrebbe dovuto avere, ha recentemente ucciso due donne. Era armato e girava in macchina con un autista, da quanto riportano i giornali.

È inevitabile una domanda: ma perché Cospito, che non è mafioso né omicida, dovrebbe avere l’ergastolo ostativo, se non lo ha avuto questo pluriomicida, chiaramente ancora collegato alla mafia (se no ditemi voi come faceva a girare armato e accompagnato da un autista/complice)? E che segni di ravvedimento ha dato per poter godere di questo improvvido beneficio?

Ancora una volta sembrerebbe che la legge – o meglio la sua applicazione – non sia proprio uguale per tutti.

Ma veniamo al problema del 41 bis. Anche questo provvedimento è stato pensato per le organizzazioni di tipo mafioso. La sua paternità è attribuita a Falcone, che la mafia la conosceva bene. Il fatto è che, tendenzialmente, i mafiosi il carcere lo governano. Un esempio? Giuseppe Graviano riuscì a concepire un figlio mentre era in cella in regime di 41 bis: sembra che la moglie fosse entrata clandestinamente in carcere e dormisse in cella con lui, prima di uscirne altrettanto clandestinamente. Sembra che anche il fratello sia riuscito nella stessa impresa, anche se si ipotizza, in alternativa, un’inseminazione artificiale. Notoriamente per i capimafia il carcere era quasi una villeggiatura; non solo erano serviti e riveriti, ma continuavano a guidare il loro mandamento dalla cella, come un manager guida la sua azienda dal proprio ufficio.

È evidente che le limitazioni del 41 bis siano necessarie per limitare il potere dei detenuti appartenenti alle organizzazioni mafiose, che godono di una rete di assistenza illegale dentro e fuori le mura dei penitenziari.

Ma, a differenza dei mafiosi, Cospito non aveva nessuna rete e nessun potere nell’ambito carcerario. La sua influenza sui gruppi anarchici si è esercitata mediante alcuni articoli che aveva scritto in carcere ed erano stati pubblicati. Una cosa fatta alla luce del sole e che, nella misura in cui costituisse un’istigazione a delinquere, avrebbe dovuto essere punita e impedita. Il suo non assomiglia per niente ai comportamenti per i quali il 41 bis è stato istituito e deve essere applicato.

La mia opinione, a quanto pare, è condivisa dal procuratore generale della Cassazione (che funge da pubblica accusa, non da difesa), il quale ha scritto nella sua requisitoria che il provvedimento deve essere finalizzato a impedire “contatti e collegamenti” che siano “concretamente” e “specificamente” volti a realizzare “ulteriori reati o attività dell’associazione esterna”. Ed ha aggiunto che deve esserci una “base fattuale” cioè “elementi immanenti e definiti”, cosa che “non è dato riscontrare” nell’ordinanza del tribunale di sorveglianza su Cospito. In altre parole: non risultano elementi oggettivi che giustifichino il ricorso al 41 bis.

Per tutti questi fatti, non mi stupisce che Cospito faccia lo sciopero della fame. È abbastanza comprensibile che si senta vittima di un’ingiustizia. Che poi possa essere strumentalizzato dai detenuti per mafia è cosa grave, la cui responsabilità va attribuita a chi ha gestito finora un percorso giudiziario così maldestro.

Il provvedimento di conferma del 41 bis da parte del ministro della giustizia, alla luce della requisitoria di cui sopra, sembra essere fondato su basi fragili, e acquista il senso di un provvedimento politico con finalità che definirei propagandistiche più che di tutela del bene comune. Anzi, a parer mio, non sembra degno di un giurista del livello di un importante ex magistrato.

In più, Nordio ha attaccato lo sciopero della fame del Cospito, dichiarando: “Alfredo Cospito ha iniziato lo sciopero della fame, forma di protesta tradizionalmente non violenta che invece, nel caso di specie, ha assunto un significato assolutamente opposto. La dimostrazione la si trae da una frase pronunciata da Cospito: il corpo è la mia arma”.

La totale mancanza di buon senso della sua affermazione la dice lunga sulla mancanza di argomenti del nostro guardasigilli. Non è evidente che un corpo denutrito non esplode, non ferisce, non può far male a nessuno? Non si capisce che la frase di Cospito è una metafora, un paradosso? E si può affidare la vita di un uomo a considerazioni così umanamente e giuridicamente inconsistenti?

Per concludere, voglio affermare che non ho, personalmente, alcuna simpatia per l’anarco-insurrezionalismo, né sono dalla parte di chi mette bombe e gambizza le persone. Ma sono dalla parte del rispetto delle leggi e della ragione, che oggi sono state calpestate dalla politica. Se la politica non ha il diritto di farlo – ma, si sa, spesso i politici sono anche ignoranti – a maggior ragione non ne ha diritto chi ha una formazione giuridica e ricopre un alto ruolo istituzionale.

Cesare Pirozzi