Mafia e Brexit. Capitali ingenti in circolo, ma a qualcuno importa capire da dove arrivano?

A settembre del 2016 la National Crime Agency, l’agenzia britannica contro il crimine organizzato, presentando il suo ultimo rapporto rilevava come ogni anno in Gran Bretagna venisse riciclata una somma che oscilla tra i 36 e i 90 miliardi di sterline. Capitali stranieri, soldi sporchi mescolati a soldi puliti che passano in gran parte attraverso Londra e la City per essere reinvestiti nell’industria finanziaria o in immobili di lusso. Per rendere l’idea, secondo i dati emersi dall’inchiesta voluta lo scorso autunno dal Sindaco di Londra, Sadiq Khan, alla fine dello scorso anno 23.653 società estere risultano proprietarie di ben 44.022 immobili londinesi e ancora, lo scorso Marzo, l’ultimo rapporto di Transparency International UK segnala come su dieci nuove abitazioni costruite nella Capitale inglese otto vengano vendute a investitori stranieri. Londra, grazie innanzitutto ad regolamentazione in materia fiscale e societaria in questo senso particolarmente favorevole e ad una rete di collegamenti che la rende una sorta di avamposto verso alcuni dei principali paradisi fiscali (Isola di Man, Anguilla, Bermuda, Isole Vergini, Cayman e Gibilterra, tanto per citarne alcuni) negli anni è inevitabilmente divenuta oggetto di interesse da parte della criminalità organizzata in cerca di nuove frontiere per il riciclaggio dei proventi provenienti innanzitutto dal traffico di droga.

La piazza londinese, nel corso degli anni, ha saputo rispondere adeguatamente alla domanda, con la creazione di numerose società di servizi che si occupano di metter su complesse scatole societarie create con l’apposito intento di facilitare il riciclaggio di denaro sporco.
Come dichiarato dalla stessa Presidente della Nca, Lynne Owens, “ La minaccia della criminalità organizzata continua a evolversi e lo ha fatto nel corso dell’ultimo anno in modi che hanno suscitato notevole e comprensibile attenzione dell’opinione pubblica.”
Poco tempo prima, in terra nostrana, a sollevare il problema di fronte alla Commissione parlamentare antimafia fu Nicola Gratteri, attuale Capo della Procura di Catanzaro e allora Procuratore aggiunto di Reggio Calabria che, appena pochi mesi fa, è tornato sull’argomento.
Perché se fino ad oggi Londra ha rappresentato per la criminalità organizzata italiana ( e non, ovviamente) una sorta di grande “ lavanderia del mercato sporco” – come la definisce Il Sole 24 ore – a presentarsi ora è un nuovo problema: cosa accadrà dopo la Brexit?

La criminalità organizzata ha smesso, certamente non da oggi, di avere una connotazione nazionale e fonda stabilmente su basi transnazionali tali da rendere indispensabili rapporti di collaborazione tra i Paesi. Nel caso specifico dell’Unione Europea, organismi come Europol ed Eurojust sono nati con questa specifica funzione. Ciononostante, numerose problematiche relative alla cooperazione giudiziaria tra Italia e Gran Bretagna sono state rilevate nel corso degli anni. Le notevoli differenze nei due ordinamenti penali accompagnate da una insufficiente conoscenza del fenomeno mafioso hanno spesso fatto sì che il Regno Unito non fosse in grado di fornire risposte adeguate alle esigenze investigative degli inquirenti italiani.
I cavilli sono spesso di natura burocratica: rogatorie rigettate, o rimandate indietro al mittente per le dovute integrazioni, perché tradotte in un inglese ritenuto insufficiente o perché prive di elementi informativi relativi all’indagato ( elementi che, peraltro, sarebbero quelli richiesti alle autorità britanniche), discrezionalità delle Forze di Polizia nell’adempiere alle richieste degli inquirenti stranieri. Tutto questo nonostante la possibilità di ricorrere a strumenti comuni.

Come rilevato dal Procuratore Gratteri, con la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea la già vacillante cooperazione internazionale potrebbe ricevere un colpo decisivo, fornendo alle mafie un margine di azione molto più ampio di quello attuale.
“Se il processo di uscita dall’Ue della Gran Bretagna comporterà un indebolimento della capacità di cooperazione giudiziaria e di polizia, degli strumenti di interscambio informativo in materia finanziaria e fiscale, allora quella che è già una situazione favorevole alle mafie si tramuterebbe in uno scenario davvero pericoloso”, spiega Gratteri.
Come evidenziato dal Procuratore di Catanzaro, inoltre, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea comporterà la necessità di rinegoziare e ratificare accordi bilaterali con gli Stati membri , operazione che rischia di portare ad una “perdita di risposta che unita allo spazio temporale necessario per le negoziazioni di nuovi accordi bilaterali costituirà un vantaggio enorme per la criminalità di ogni genere e matrice”.

Difficile, per ora, prevedere la portata reale delle conseguenze che la Brexit avrà sulla capacità di combattere le mafie a livello internazionale.
Un dubbio sollevano, infine, le dichiarazioni di Gratteri quando parla di “certe economie che si basano molto sulla finanza e sul mercato dei capitali […] che potrebbero aver sottostimato, per non dire tollerato o accettato l’arrivo di capitali di dubbia provenienza”.
Siamo sicuri che la Gran Bretagna reputi realmente vantaggioso combattere contro mafia e riciclatori?

di Martina Annibaldi