Anna come tante aveva denunciato. Ma chi difende queste donne?
Anna aveva capito da tempo che qualcosa in quel rapporto non funzionava, che doveva mettere la parola fine a quella relazione tossica e malata. L’ha fatto ma lui, come spesso succede, non si è arreso, non ha accettato. E nella vigliaccheria di chi confonde l’amore con il possesso, l’ha accoltellata alle spalle. La donna terrorizzata è passata dalla vita alla morte in una calda giornata di agosto, in uno dei luoghi più belli della nostra Italia, Piano di Sorrento.
Il dramma dei femminicidi è proprio questo. Anna ha denunciato ma nulla è accaduto. Perché dopo la denuncia non succede niente, o succede troppo poco, la vittima non viene messa in sicurezza anzi a volte sono proprio le denunce ad alimentare l’odio, quella rabbia repressa, quel livore, quella certezza di appartenenza, di proprietà.
Anna è morta e il suo nome va ad allungare il funereo elenco dei femminicidi. Un vero disastro. Solo in Italia dall’inizio dell’anno, più di 70 donne massacrate e i motivi sono sempre gli stessi, le armi adoperate quasi sempre i coltelli. Assassini fatti con lo stampino, disagi sempre esistiti in queste persone ma mai “visti”, forse per amore, forse perché anche al primo episodio di violenza poi si vuole trovare un motivo, una giustificazione e si va avanti.
Avanti verso il baratro, verso la morte.
E si chi si ribella, chi rende pubbliche le violenze subite alle autorità rischia di più, non si mette al riparo ma diventa bersaglio prioritario in quella scala di “non valori” che alberga nelle menti malate di questi assassini.
Il mondo non c’è, lo abbiamo perso da qualche parte in qualche momento delle nostre vite e non ce ne siamo accorti, occorre non solo sognarlo ma costruirlo. E fino a quando il cantiere è aperto, gli appartamenti non possono essere abitati. Perché una casa è quel luogo in cui quando ci entri ti accoglie. E’ quel luogo in cui ti senti al sicuro, abbracciata, coccolata e questo non c’entra niente con un uomo, che sia un marito o un compagno. Puoi vivere da sola ma quando chiudi quella porta senti che quel luogo è il tuo mondo, è lì che più di altrove devi sentirti al sicuro e protetta.
Vogliamo che le donne siano libere, forti, colte, preparate e mai che vengano scambiate come un oggetto di cui si ha il possesso e sul quale dunque ci si sente legittimati a fare ciò che si vuole.
Il mondo è malato.
Bisogna partire dalla realtà, dai troppi servizi assenti, dai servizi sociali spesso inesistenti, dalla sanità pubblica lasciata a marcire, dal lavoro che manca e rende tutti frustrati, dalla dignità che ci è stata tolta, dalla difficoltà di arrivare a fine mese, dal mendicare soldi e rispetto.
Occorre partire dalla realtà, avere i piedi per terra e lavorare per un mondo nuovo che ha ancora da venire.
In Italia più di 10 donne al mese quest’anno sono state uccise dai “loro” compagni. Il che vuol dire che ci portiamo dietro problemi atavici mai risolti.
E adesso cosa possiamo dire se non mettere le donne in una condizione di allarme e attenzione? Non date fiducia a chi non la merita, non fate dono del vostro amore a chi lo calpesta, parlate di più con la persona con cui avete deciso di condividere un percorso della vostra vita e siate attente ad ogni piccolo segno di “esasperazione trattenuta”.
E’ arrivato il momento di guardare senza ipocrisie e senza rassegnazione al disumano scempio sotto i nostri occhi. Occorre dare seguito alle denunce che tanta ansia e tanta paura costano alle donne minacciate. E’ necessario dare loro la certezza che lo stalker è sotto controllo. Se servono braccialetti elettronici che lo Stato se ne avvalga, i soldi si trovano sempre in questo Paese quando si vuole. Basta volerlo. Occorre solo mettersi in ascolto dell’ultimo, raccapricciante grido delle “nostre” donne uccise e del pianto ininterrotto delle loro famiglie.
Se poi non si vuole, allora la vittima sarà stata uccisa due volte.
Stefania Lastoria