In Afghanistan oltre un milione di ragazze senza diritti e a rischio violenza
A volte ci sono numeri che fanno male più delle parole.
Un milione e 100.000 donne escluse dall’istruzione secondaria, 1095 civili uccisi, il 43% degli organi di stampa chiusi, 2374 giornaliste estromesse dal loro lavoro: sono i numeri agghiaccianti dell’Afghanistan di oggi, un paese in cui dal 15 agosto 2021 i talebani, un movimento fondamentalista islamico sunnita, hanno ripreso il potere iniziando una nuova fase di violenze, che vede i diritti umani sotto attacco su tutti i fronti.
Da quel giorno i combattenti entrarono nella capitale, il governo ufficiale crollò e chi è rimasto nel Paese ha assistito ad una regressione nei diritti civili e all’inversione nelle conquiste liberali e democratiche degli ultimi 20 anni.
Sotto il dominio talebano, per donne e ragazze è difficile muoversi fuori da casa.
Se non sono ufficialmente fidanzate, rischiano di essere rapite e date in sposa ai combattenti talebani. Sono state escluse dalle scuole secondarie, tutte le donne sono tenute a coprire i loro volti in pubblico e non possono percorrere distanze significative in assenza del loro mahram, un tutore maschio. Vietati i contraccettivi. Chiusi i saloni di bellezza. In breve, ogni dimensione della vita di donne e ragazze è stata soffocata.
La vita delle donne afghane è cambiata completamente con una interpretazione ultra-rigorista della sharia. C’è la volontà di far sapere che devono sottostare a un regime limitato e differente rispetto agli uomini, perché il loro compito principale è riproduttivo, all’interno della famiglia.
Lo denuncia in un report Amnesty International, che chiede alla comunità internazionale tutto il sostegno possibile per difendere il diritto delle donne e degli uomini dell’Afghanistan a vivere in libertà, dignità e uguaglianza e rilancia un appello a sostenere questa lotta, anche attraverso uno strumento di solidarietà concreta come il lascito solidale.
Al contempo, restrizioni severe sulla segregazione dei generi nelle università hanno fortemente limitato le opportunità per molte giovani donne di accedere a un’istruzione accademica significativa.
Alcune università private hanno introdotto aule separate per i sessi, mentre molte istituzioni pubbliche hanno deciso di non consentire alle donne di lavorare o di frequentare i corsi finché non verranno istituite classi separate per donne e uomini. Private dell’accesso all’istruzione e all’opportunità lavorativa, le donne stanno anche vivendo una crescente minaccia di violenza di genere. Le loro libertà fondamentali di movimento e di espressione, compresa la scelta dell’abbigliamento, sono soggette a gravi limitazioni e bersaglio di violenze fisiche e morali.
I talebani, nel corso di questi due anni, hanno progressivamente smantellato le istituzioni fondamentali per la tutela dei diritti umani e represso la libertà di espressione e di associazione, il diritto a un giusto processo e altri diritti fondamentali. In particolare, hanno soppresso i diritti essenziali delle donne e delle ragazze. Si sono verificati arresti arbitrari, torture, rapimenti e omicidi di giornalisti, atleti, artisti, attivisti, difensori dei diritti umani, accademici, membri di minoranze religiose ed etniche. In questo scenario, è fondamentale che tutti prendano parte alla lotta di migliaia di donne e di uomini che stanno rischiando la vita per costruire un futuro di diritti e libertà. Certamente il lascito solidale è una formidabile leva verso questo cambiamento.
Attraverso la campagna “Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?” Amnesty International ricorda che il lascito solidale è uno straordinario strumento di solidarietà che consente all’organizzazione di lottare ogni giorno al fianco delle donne e degli uomini dell’Afganistan; uno strumento che non lede in alcun modo i diritti degli eredi legittimi e che non richiede grandi patrimoni.
In poche parole il testamento solidale è quello nel quale una persona decide di lasciare i propri beni – o parte di essi – a favore di uno o più enti non profit, ovvero organizzazioni impegnate in attività umanitarie, sociali, culturali, scientifiche e/o di ricerca.
Questo l’appello di Amnesty International, attraverso la campagna “Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?”.
Per chi volesse avere ulteriori informazioni su questa tipologia di aiuto, può collegarsi al sito attraverso i seguenti link: https://amnesty.it/lasciti e lasciti@amnesty.it.
Stefania Lastoria