La paura della nostra paura

Abbiamo paura delle nostre paure. Abbiamo paura della nostra esistenza. Abbiamo paura di esistere, di ribellarci…di amare. La menzogna ci rende schiavi di noi stessi, essendo consapevoli che siamo noi a generare la menzogna. Ogni gesto è manipolato, dalle nostre falsità, dalle nostre paure, dal nostro essere servi di un Dio che esiste solo nella nostra mente.

Al teatro Quirino di Roma va in scena “1984” di Orwell, con la regia di Giancarlo Nicoletti e l’interpretazione particolare di Woody Neri, Violante Placido e Ninni Bruschetta. Una storia distopica, frammentata, irreale, asfissiante e ansiogena, ma talmente contemporanea da meritare l’applauso del pubblico, risvegliato dal torpore della propria quotidianità. Siamo imbalsamati, dormienti, accondiscendenti verso ogni tipo di sopruso, violenza o angheria, talmente assuefatti a vivere nella paura generata dalla nostra cattiva coscienza, da non riconoscere più ciò che realmente accade. Tutto viene manipolato, la quotidianità falsata, l’inganno e il cinismo sono i riferimenti di ognuno, i valori etici cancellati dalla memoria e dai ricordi.

Luci, scenografie, costumi, allineati alla distopia della recitazione, talmente asfissiante da permetterci di sentire ciò che l’attore davvero sente. Una empatia fastidiosa generata da una sapiente regia in grado di confonderci per poi farci di nuovo respirare, mettendo al centro l’unica possibile ancora di salvezza: l’amore. L’amore vissuto come sentimento orgasmico rivoluzionario, in grado di generare ribellione, in un mondo schiavizzato che non si ribella ma subisce ogni conseguenza del potere. Un potere che si autoalimenta delle nostre paure, che controlla ogni nostra azione, che schiavizza e ci fa tradire ciò che più amiamo.

La forza degli attori sul palco è drammaticamente efficace e la sua frammentazione ha il potere di trasmettere l’intensità dell’opera. Il pubblico è disorientato, cerca di capire, si pone inconsciamente domande alle quali può rispondere solo il regista Nicoletti, con le battute dei protagonisti, incatenati alla falsa e ingannevole quotidianità dove tutto è manipolato per essere il contrario di tutto. Una atmosfera claustrofobica, vissuta su piani sequenza disconnessi ma arguti, in cui la speranza di una amore sincero viene distrutta e dissacrata dalla incapacità di vincere le nostre debolezze. L’umanità è schiava di sé stessa. Si autodistrugge giorno dopo giorno. Ci tolgono il diritto di parole. Il diritto di manifestare. Di pensare, di accogliere. Le nuove leggi, il decreto sicurezza, la deportazione dei migranti, le immense spese per le armi, la guerra, scambiata per la pace. Niente accade per caso. Questo 2024, così simile al 1984, ne è la riprova di quando si attuale lo spettacolo di Giancarlo Nicoletti e delle sue attrici e attori.

“Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti” Pier Paolo Pasolini.

Claudio Caldarelli