Il bandito e il campione: Marco Sonaglia canta Luigi Grechi De Gregori
“Vai Girardengo, vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone. Vai Girardengo, non si vede più Sante, è dietro quella curva, è sempre più distante…”
Sulle note de “Il bandito e il campione” la sala si alza in piedi e canta in coro insieme a Marco Sonaglia, molti sono commossi, hanno gli occhi umidi, l’emozione è intensa, qui al Polmone Pulsante di Roma. Una serata dedicata a Luigi Grechi De Gregori, organizzata in modo perfetto da Luisa Loffredo che pensa a tutto. Il Polmone Pulsante, una galleria d’arte gestita da Andrea Ungheri, una persona garbata, gentile, accogliente, un gentiluomo, figlio del grande artista dell’arte cinetica e astralista, Saverio. Un luogo magico, dove le note risuonano nell’anima, ti avvolgono, si trasformano in sensazioni e Marco Sonaglia trasforma le canzoni di Luigi Grechi De Gregori in un momento di fusione tra il passato e il presente. Prima del concerto, Luigi prende la sua Martin D28 e intona El Paso, accompagnato da un eccellente Lucio Bardi e da Leo Petrucci, liutaio bravissimo e chitarrista. Una emozione unica “…ed insieme con altra gente, in un mondo un poco differente, dire basta alla malinconia…” con questi versi, Luigi ci regala parte di sé stesso, ci fa sentire immersi nel suo esserci con la passione di sempre per il folk d’autore.
Marco Sonaglia interpreta i testi di Luigi, li descrive con i suoi arpeggi, ci coinvolge a cantare con lui, ma più di tutto ci ricorda quanto sono attuali le parole che nascono dal cuore.
“Praticare un confine significa percorrere il bordo sul quale le conoscenze si contagiano” scrive il filosofo Lucio Saviani, ed è questo che succede con la canzoni cantate qui al Polmone Pulsante, si contagiano le conoscenze. Canzoni senza tempo, per abitare l’instabilità fertile del confine e mettersi alla periferia della storia, per occuparne il centro. Per osservare con uno sguardo inclinato che agisce da dentro e da fuori. Marco Sonaglia canta, ci rapisce, suona, ci coinvolge, cioè con quel tanto di volontà e irrazionalità e magari arbitrio che gli permette di spiazzare la realtà, per cantarla liberamente. Il mistero delle cose giuste, per essere “accusato di libertà” e farci vedere l’ingiustizia, l’invisibile, scegliendo il tono per contaminarci con i sentimenti delle periferie. In quel margine, in cui i limiti si sfrangiano e dove si rigenera il centro dei pensieri, che sono i pensieri di Luigi Grechi De Gregori, tradotti sotto forma di canzoni che nascono dalla voglia di abitare il mondo. Così l’anarchico Sante rincorre l’amico Costanzo, senza raggiungerlo, ma sempre a ruota, con l’anima e con il cuore. Pedalando-cantando sulle strade polverose dei margini che sono poi gli universi, tra alberi rinsecchiti dal giallo del vento. Luoghi di emozioni e di passioni, di spontaneità sovversiva, tra osterie e praterie desertiche, incontri magici con eretici, operai, intellettuali, preti e filosofi, poeti e artisti. Ognuno con le sue parole, ciascuno con le sue canzoni. Tutti con i propri sogni, con in tasca la dolcezza della libertà e mai l’obbedienza al potere scintillante. Marco Sonaglia canta e interpreta i testi di Luigi Grechi De Gregori, con lo sguardo disobbediente e naturale di chi pensa alla giustizia sociale, alla solidarietà, allo stare dalla parte di chi soffre, di chi ha meno, di chi è fragile. Sempre naturale il suo dissenso, soprattutto in una società miope che non guarda alla poesia umana, ma alla avidità corrotta degli egoismi. Marco Sonoglia riesce a fare tutto questo, con umiltà e un velo di sorriso sulle labbra, intonando la bellezza interiore dei testi immortali di Luigi. “E oggi siamo qui, sul margine sfrangiato del nostro tempo, a dare il fiore e credere nella lotta…” al fianco del bandito e del campione.
Claudio Caldarelli