Diversabilità: il valore unico di ogni persona

Quando Mario (nome di fantasia) iniziò ad avere problemi di deambulazione, il mondo del lavoro gli si fece più stretto, la sua impossibilità di poter essere al cento per cento utile lo emarginava. I suoi colleghi spesso approfittavano del suo stato per proporsi ai superiori nelle attività sfruttando il deficit motorio di Mario. Ma Mario non si sentiva da meno. Sì è vero, si muoveva lentamente e spesso le barriere architettoniche lo bloccavano, ma aveva affinato altre qualità attraverso lo sguardo attento notando dettagli cha ad altri sfuggivano. Analizzando le cose è guardando oltre le barriere (queste si insormontabili) mentali che i colleghi avevano nei ragionamenti e nelle risposte ai tanti problemi lavorativi. Mario risolveva problemi che altri pur camminando veloci non riuscivano a fare. Mario scopriva con la mente sentieri impercorribili cogliendo possibilità che gli altri non vedevano pur correndo con le gambe.

La sua diversabilità non era una limitazione, ma una lente speciale con cui guardare la vita.

Per troppo tempo, la parola “disabilità” è stata legata a un’idea di mancanza, di ciò che non si è in grado di fare. Nel tempo sostituita (mai completamente, tanto che appare nel contrassegno per la sosta, il CUDE, Contrassegno Unico Disabili Europeo) con l’espressione “diversamente abile” che ha cercato di cambiare il linguaggio, ma ha lasciato intatto il senso di separazione.

La diversabilità, invece, racconta una storia diversa. È la fusione di diversità e abilità, un concetto che mette al centro le potenzialità, le risorse e le capacità uniche di ogni individuo. Non si tratta di adattarsi a un modello prestabilito, ma di valorizzare il modo originale in cui ciascuno affronta la vita e contribuisce al mondo.

Ogni persona portatrice di diversabilità ha una forma speciale di talento. Chi non vede sviluppa un ascolto straordinario, chi si muove in sedia a rotelle può avere una forza mentale che ispira intere comunità. La diversabilità non è eroismo o compensazione: è un modo autentico di essere capaci, un invito a riconoscere il valore dove prima c’era solo un limite.

Cambiare la parola significa cambiare lo sguardo. Questo nuovo orizzonte linguistico è l’architrave su cui si erigono ambienti sociali, lavorativi ed educativi realmente inclusivi, capaci di catalizzare la creatività, rafforzare la collaborazione e approfondire l’empatia. Scuole, città e luoghi di lavoro acquistano ricchezza e resilienza quando riconoscono che le abilità umane sono plurali e dinamiche, sono un patrimonio che si accresce anche grazie al contributo e alle prospettive uniche di coloro che hanno dovuto sviluppare nuove competenze adattive in risposta a una perdita funzionale.

Ogni vita, ogni talento, ogni percorso ha un valore speciale. Cambiare parola è il primo passo, cambiare lo sguardo è quello che può davvero trasformare il mondo. In meglio.

di Eligio Scatolini

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