Zanzu. Il portale che illustra l’educazione sessuale ai migranti

Nasce col pretesto di facilitare le relazioni fra donne europee e stranieri, ma rivela una sottile discriminazione nel modo di concepirle

“Paese che vai, usanza che trovi”: è un detto nostrano, ma efficace per comprendere l’ultima trovata della Germania ed il Belgio, ovvero un servizio d’educazione sessuale bizzaro, ma motivato. E’ lecito pensare che ogni paese possegga una propria cultura da osservare, un sistema di valori ed usanze che abbraccia il mondo delle relazioni interpersonali e, intimamente, la sfera sessuale. E’ il motivo per cui troviamo informazioni di carattere sociale sulle guide turistiche o per cui, prima di partire per un viaggio, c’informiamo su quali atteggiamenti adottare o non una volta giunti a destinazione. Si tratta di un atto di cortesia e rispetto verso persone che possiedono un diverso modo di comunicare dal nostro. Uno scambio di usanze che concerne, però, luoghi pubblici e condivisi. Diverso è il discorso, invece, se si parla di sessualità e di relazioni sì, interpersonali, ma intime e circoscritte fra due o più persone.

E’ questa l’ambiguità alla base di Zanzu.de, sito internet promosso dal Bzga, centro federale per l’educazione alla salute del Ministero tedesco, e dal Sensoa, organizzazione partner del ministero fiammingo: una piattaforma online che, attraverso immagini e spiegazioni, descrive agli stranieri come rapportarsi con il gentil sesso europeo. Il servizio appare più come un ossessivo tentativo di “monitoraggio” e protezionismo culturale (soprattutto dopo i fatti di Colonia), visto poi il ripercorrere d’illustrazioni fisse nero-bianco intente in un rapporto sessuale. Inoltre, ammesso che quello di Zansu sia un servizio ai fini puramente informativi o involontariamente discriminatori, il suo significato recondito sfocia in una sottile insinuazione socio-culturale, ovvero nell’addittare una carenza d’istruzione e di civiltà nei migranti, una differenza che Germania e Belgio non hanno potuto ignorare.

La sessualità è indubbiamente il riflesso di un proprio universo valoriale, ma questo non prescinde la prepotenza concettuale per cui tradizioni comunemente accettate debbano essere dominanti. Lo si intuisce per esempio nella sezione “L’amore in una relazione” oppure nelle ragioni per cui è normale “Innamorarsi di qualcun’altro”. D’altronde, se ci trovassimo per motivi di forza maggiore a vivere in un altro paese e, l’istituto di sanità o le istruzioni locali ci sottoponessero un manuale su come innamorarci o avere un rapporto sessuale, probabilmente la reazione sarebbe di sdegno. Non è detto che io ne abbia bisogno e non chiedo d’informarmi su una cosa strettamente soggettiva e personale. Cosa porta il paese che mi ospita, poi, a credere che non mi sia stata fornita un’adeguata educazione sessuale ed emotiva? Certo, i livelli d’istruzione dei paesi da cui giungono i rifugiati lo possono lasciar intendere, ma chi può confermare che io straniero, poi, non mi sia informato o che non sia stato educato dalla mia famiglia? Immaginare di rispondere a queste domande ammette che, fra le righe, la soluzione risieda nel “Noi civilizzati, voi no”, veicolando un messaggio molto diverso da quello puramente informativo e salutista.

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