Sulla Romano e sulla pandemia…

Gli italiani si fidano troppo dei parolai          

C’è una linea che unisce l’attuale situazione e quello che si è scatenato dopo la liberazione della cooperante Silvia (ora Aisha) Romano, una linea fatta di parole vuote e di troppi parolai.

Sarebbe bene che oltre a seguire le indicazioni degli esperti, si facesse anche più di quanto ci venga richiesto, perché ogni sacrificio in più, agevola la salvaguardia di se stessi e di tutti gli altri. Per questo forse il problema fondamentale del nostro paese è il modo stupido in cui si usi il proprio ingegno: invece che per una maggiore sicurezza sociale, in troppi si adoperano per interpretare egoisticamente, le regole comportamentali; invece di pensare a come contribuire a superare l’emergenza, in troppi cercano un modo per soddisfare le proprie necessità, non contemplate dallo Stato. Di tutti questi elusori del buon senso, quei politicanti che per 30 denari di voti, strizzano l’occhio ai tanti refrattari alle leggi, ne sono i degni rappresentanti. Ma né i primi e né tantomeno i secondi, fanno bene al paese e neppure a se stessi: l’essere accondiscendenti con le proprie debolezze, coi propri desideri, espone se stessi e gli altri, ad ulteriori rischi.

A fronte di una pandemia giunta nel nostro paese con dati e informazioni (oggi) ritenuti poco affidabili e fuorvianti, con un decentramento regionale che, in nome dei bilanci, aveva svuotato i magazzini delle scorte utili a contrastarla, qualsiasi governo sarebbe entrato in difficoltà: da qui tanti errori, taluni inevitabili, altri meno. Inoltre, un’economia come la nostra, basata su fondamenta poco stabili per l’incidenza di un sommerso in doppia cifra e poco credibile a livello internazionale, avrebbe dovuto rispondere in modo ferreo con una chiusura che avrebbe spezzato immediatamente la catena della diffusione del virus, affinché la “fase 1” fosse durata il meno possibile. Sarebbe stato utile che alla refrattarietà alle regole di un popolo individualista come il nostro, si fosse contrapposto un panorama politico compatto, per arginare da subito il pericolo; invece si è assistita ad una frammentazione di posizioni politiche, vòlte soprattutto a cercare consenso e a coprire le proprie mancanze locali. La contrapposizione di cifre sul denaro necessario all’emergenza, ma anche l’invito a chiudere o ad aprire il paese (spesso fatto in modo ondivago e incoerente), come pure il contestare ogni misura contenitiva, per non parlare del voto diviso, in sede europea, a sostegno delle esigenze italiane, hanno dimostrato l’inconsistenza della nostra attuale classe politica, la sua impreparazione e la sua incapacità di andare al di sopra degli interessi di parte. A parole, sono stati tutti bravi: il governo fregiandosi anche di meriti e sacrifici altrui, che hanno compensato le inadeguatezze del paese; le opposizioni (anche interne alla stessa maggioranza), che volta hanno ostacolato ogni atto, dicendo che ci sarebbe voluto ben altro, ma che non hanno mai spiegato COME ottenerlo. Però, nei fatti abbiamo assistito a molte incertezze, alla fuga dalle proprie responsabilità (locali), o al tiro al piccione a chi, quelle responsabilità se le è assunte. In un simile contesto le decisioni avrebbero dovuto essere prese sulla base delle reali necessità, senza troppe questioni, invece sono diventate spesso oggetto di pubblici processi.

Non c’è da sorprendersi, dunque, che un paese che ancora dà credito a certi politicanti divisivi, polemizzasse anche sulla liberazione della giovane cooperante, mostrando il suo volto peggiore. Gli stessi che avrebbero affondato i barconi di migranti, contestando il soccorso e l’accoglienza, che gridavano verso le ONG di aiutarli a casa loro, si sono scagliati contro una giovane donna per le presunte conseguenze (da lei sola subite) dell’essere andata a portare il suo aiuto in Africa. Il tutto, magari, in chiave di una pretesa superiorità della religione cristiana… Ci sarebbe da chiedere, a questi pessimi rappresentanti del nostro popolo, che cosa vogliono, sia nell’emergenza pandemica, che dal ritorno di quella ragazza: qualunque atto (aperture, chiusure, misure economiche), qualunque scelta (soccorso, accoglienza o aiuti in loco), sono stati criticati e fatti oggetto d’insulto. Ma costoro dov’erano? Che cosa hanno mai fatto? Non sarà mai agevole governare durante un’emergenza, cercando di far funzionare un paese dilaniato dalle accresciute disparità sociali, in cui venga contestata ogni decisione. Parimenti, per la giovane Silvia-Aisha, è facile insultarla e criticarla, ma chi lo ha fatto non è mai andato ad aiutare le popolazioni in paesi molto lontani e pericolosi, non è stato rapito e tenuto prigioniero per un anno e mezzo, con poche prospettive di sopravvivere. Forse la Romano ha subito un lavaggio del cervello, forse ha trovato nel Corano l’unica consolazione, o forse ha trovato nella conversione un lasciapassare per la libertà, ma è fin troppo facile giudicare e condannare seduti in salotto davanti ai maxischermi tv, mentre i chili di troppo accumulati nel lock down, mostrano le ipocrisie dell’occidente. Quello italiano, pur popolo operoso, ama troppo i parolai, coloro che affermano senza mai fare e disprezza troppo chi “si sporca le mani”, chi prova a costruire qualcosa, forse perché indirettamente gli ricorda il suo egoismo individualista. Forse per questo il popolo italiano si fida molto di chi non ha mai lavorato, di chi è un abile assenteista, di chi non ha né competenza, né coerenza, né ideali, perché non gli fa percepire i suoi difetti. Ma, come c’insegna la storia, ad andare dietro ai parolai, non si può che finire male, perché costoro a furia di credere alle balle racchiuse nella propria eloquenza, hanno perso di vista cosa sia la realtà.

di Mario Guido Faloci

Print Friendly, PDF & Email