Il delitto della Sapienza
A 19 anni dalla misteriosa uccisione di Marta Russo
Un colpo che parte, un sorriso che si spegne, una vita che si spezza. Tanto è durata la passeggiata di Marta Russo, che alle 11.42 di quel 9 maggio 1997 era appena uscita dalla facoltà di Giurisprudenza del primo ateneo romano con l’intento di andar via. Faceva caldo, quella mattina, ma non abbastanza da accasciarsi al suolo: no, Marta non aveva avuto un malore, era stata colpita.
Ma colpita da cosa? Da chi? E per quale motivo? Da un proiettile, dirà la balistica; da Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, dirà la giustizia; per cause inesistenti, dirà la logica. Sì, perché Marta non aveva scheletri nell’armadio da far pensare a una vendetta. La sua vita era limpida, come quella di una comune 22enne.
La particolarità del luogo del delitto, la coincidenza con gli anniversari delle morti di Aldo Moro (9 maggio 1978) e di Giorgiana Masi (studentessa uccisa in circostanze simili il 12 maggio 1977), resero in un primo momento plausibile la tesi dell’agguato terroristico-politico. Ma forse il movente era molto più banale. Secondo gli investigatori, coincideva con la volontà di inscenare, da parte di due assistenti università, il cosiddetto delitto perfetto.
La compatibilità con la traiettoria del proiettile individuò come punto di partenza dello sparo l’aula 6 del dipartimento di Filosofia del diritto, quella in cui, stando alla super-testimone Gabriella Alletto, si trovavano in quel mentre Scattone e Ferraro. La voglia di chiudere le indagini dopo il fallimento dell’inchiesta sulla morte di Simonetta Cesaroni (avvenuta 7 anni prima) e sul delitto dell’Olgiata (avvenuto 6 anni prima) fece il resto.
Le modalità del processo destarono non poche proteste: soprattutto nell’ambiente intellettuale, dove quasi 400 personalità (tra cui lo storico e giornalista Paolo Mieli, Guido Vitiello, Giovanni Sabbatucci e l’avvocato Carlo Taormina) crearono un fronte innocentista. Tuttavia, nel dicembre 2003 la Cassazione condannò Scattone e Ferraro rispettivamente a 5 anni e quattro mesi e a 4 anni e due mesi, al termine dei quali il primo tornò anche a insegnare (scatenando nuove polemiche, stavolta in seno alla famiglia Russo). A quasi due decadi di distanza, viene da chiedersi se con tutto questo baccano Marta sia riuscita davvero a riposare in pace.
di Massimo Salvo