La danza degli spiriti

Patrizia

Era il 1890, il finire di un secolo, quando tra gli indiani Lakota Sioux, si cominciò a diffondere una danza religiosa, la Ghost dance, danza degli spiriti, che Wovoca, un Paiute, riteneva potesse aiutare la popolazione indigena a riappropriarsi delle terre, sottratte dall’invasore bianco. Una danza che manifestava il cuore di un popolo indomito, che non poteva e non voleva accettare di vedersi recludere in fazzoletti di terra, dopo aver vissuto liberamente in territori vastissimi.

Erano gli ultimi giorni di  dicembre 1890 quando al popolo  Miniconjou giunse la notizia dell’uccisione di Toro Seduto. L’avanzata del popolo dei bianchi sul loro territorio era inesorabile e sembrava decretare attimo per attimo la fine di intere tribù. Il loro capo, Big Foot, decise allora di far allontanare la sua gente in modo che si potesse unire a quella di Nuvola Rossa, con nel cuore il desiderio di pace.

Raccolte le poche cose di loro appartenenza circa 350 tra uomini, donne e bambini iniziarono, nel gelido inverno, il cammino verso una maggiore sicurezza. Un’illusione, forse, che si trasformò presto in un incubo.

Durante la marcia furono intercettati, infatti, dal settimo cavalleggeri guidato da Samuel Whitside che costrinse sia gli uomini, che erano la minor parte, che le donne e i bambini a deviare dal percorso, per bloccarli vicino al torrente Wounded Knee, sotto il tiro di due mitragliatrici, dove i nativi americani furono obbligati ad accamparsi. Era il 28 dicembre. Nel frattempo il comando dell’operazione fu assunto da William Forsyth. L’indomani fu ordinato ai guerrieri di deporre le armi. La neve intorno con il suo biancore risplendeva in un paesaggio forse magico, ma somigliava con la sua freddezza ai cuori degli uomini in divisa blu.

Il nascere di un conflitto corpo a corpo fu dovuto, probabilmente, al ritardo, nel deporre il fucile, da parte di un ragazzino sordo o, si è anche detto, all’opposizione di Yellow Bird, loro sciamano, seguace della Dance Ghost. A questo conflitto seguì  un vergognoso massacro. Si sparò all’impazzata contro gente disarmata, si uccisero bambini e donne inermi. La neve perse il suo colore di innocenza, tingendosi del sangue del popolo Miniconjou. Big Foot, il loro capo, malato di polmonite, fu tra i primi ad essere ucciso. Il suo corpo riverso sulla neve, restò a guardare fisso il cielo.

Per lungo tempo si volle far credere che, vicino al torrente Wounded Knee, si fosse svolta un duro combattimento del buon uomo bianco contro il cattivo indiano. Per lungo tempo si è mascherata la verità di una carneficina con il nome di battaglia. Oggi si può finalmente dire che quel 29 dicembre il settimo cavalleggeri si macchiò del sangue di innocenti. Il popolo Miniconjou con il suo capo Big Foot non potè realizzare il sogno di riavere indietro la terra degli avi come promesso nella profezia di Wovoka. Morirono quasi tutti ammazzati, mentre si dirigevano, lentamente, verso un sogno di pace.

di Patrizia Vindigni

Print Friendly, PDF & Email