Per un ponte di mani

Carlo Faloci

Si deve avere il coraggio di dirlo tutti, senza il profitto non ci sarebbero più guerre!

La partecipazione di papa Francesco alla Giornata Mondiale della Gioventù (Polonia, 26-31 luglio) avrebbe dovuto essere un atto interno, un dialogo di speranza per il futuro rilanciata dalla “Ecclesìa” dei giovani di tutti i continenti.

In realtà, già dal breve incontro con la stampa nel viaggio di andata, in aereo, accanto all’indicazione che dai giovani possa venire un po’ più di speranza, in questo momento, le parole usate sono state chiarissime, contro interpretazioni ipocrite e minimali:

“Quando io parlo di guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione, no. C’è guerra di interessi, c’è guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: sta parlando di una guerra di religione. No. Tutte le religioni vogliamo la pace. La guerra la vogliono gli altri. Capito?”

E all’arrivo a Cracovia,nell’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico,  il papa ha ricordato l’atto di riconciliazione tra gli episcopati polacco e tedesco dopo la seconda guerra mondiale, che ha innescato un analogo e irreversibile processo tra i due popoli. Ma anche, parlando del complesso problema migratorio, di “disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà tra coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede”   

E i giornalisti hanno capito. Hanno dato importanza alle parole del papa riportandone gli aspetti fondamentali.

Così, Franca Giansoldati (Messaggero), ne ha parlato in termini di un conflitto planetario alimentato dai famelici appetiti dei trafficanti di armi, di chi specula sul petrolio, di chi agisce per dominare i popoli. Ed ha ricordato l’attenzione posta dal papa a non demonizzare il mondo islamico..

Così, Francis X. Rocca (The Wall Street Journal); ne ha riportato il concetto di un mondo in guerra perché ha smarrito la via della pace, con violenze che affondano le radici negli interessi economici e politici. Ed ne ha ricordato il costante pensiero verso gli immigrati, da accogliere in spirito di solidarietà superando paure e pregiudizi.

Così, Cristina Cabreyas (El Pais), che ha fatto riferimento ad un papa attento anche alle migrazioni di ritorno nei propri paesi, che parla di dialogo necessario tra paesi e tra religioni.

Così, Stefano Stefanini (La Stampa), che delle parole di Bergoglio ha colto la denuncia contro la guerra voluta dal potere terreno, e contro le strumentalizzazioni degli attentati per fantasie di crociate antiterrorismo.

Così, Harriet Sherwood (The Guardian), che ne ha ricordato la solidarietà verso i migranti, verso chi soffre, verso gli ultimi. E le costanti del suo essere Padre, con la misericordia e la generosità verso i più deboli, verso quelli che vivono ai margini della società.

Così, Massimo Franco (Il Corriere della Sera), che ne ha messo in rilievo il suo mantenere aperto il dialogo, con l’immagine di nuotare allo stesso tempo contro una corrente “eversiva” che distorce l’immagine dell’Islam riducendolo a religione dei terroristi, e contro una corrente integralista, che porta avanti in Europa derive xenofobe e nazionalismi.

Naturalmente il viaggio di papa Francesco i Polonia non è solo questo.

E’ anche l’incontro con i giovani italiani, un incontro come in famiglia.

Il dialogo semplice con una ragazza che dopo l’incidente in Puglia ha paura     di prendere il treno.

Quello con un’altra, migrante, che a Bergamo ha avuto per anni una accoglienza vergognosa, anche con messaggi offensivi sui social. Al punto di sentirsi così inutile, emarginata da tutti, da tentare il suicidio.

Quello con uno dei 3 ragazzi (i soli riusciti ad arrivare) di 350 partiti da Verona ed obbligati a tornare a casa perché il loro treno era a Monaco di Baviera proprio nelle ore dell’attentato.

E il papa si è espresso con: ..” due parole che sono chiave per capire tutto: pace e odio. La pace costruisce ponti, l’odio che è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere nella vita: o faccio ponti, o faccio muri”.. Ed ha proseguito dicendo che darsi la mano è fare un ponte umano, un ponte di pace. Che colpire un altro è costruire un muro, un muro di odio. Ed ha finito chiedendo a tutti di prendersi per mano, e di sollevarle in alto. Per un programma di vita: fare ponti, fare ponti umani.

E’ anche il ricordo, tanto umano, di Maciej, un ragazzo di 22 anni che aveva lavorato molto all’organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù, morto per un cancro il 2 luglio. Uno fra tanti che hanno lavorato alla sua realizzazione, per cui ha chiesto un silenzio di preghiera.

Un silenzio che ha voluto anche nella  visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.  Con un incontro tra religioni diverse, un rabbino che ha cantato in ebraico il salmo “De profundis” ed un prete che lo ha ripreso in polacco.Con un incontro con 25 Giusti delle Nazioni.

Per tracciare la via dell’unione, della fratellanza, della giustizia.

Dell’amore. Per tutte le donne e gli uomini della terra.

di Carlo Falci