Giù le mani dalla satira
«La satira è tragedia più tempo. Se aspetti abbastanza tempo, il pubblico, i recensori, ti permetteranno di farci satira. Il che è piuttosto ridicolo, se ci pensi.» (Lenny Bruce)
Se un autore di satira vuole comunicare che la Ministra Boschi è una bella donna ma priva di qualsivoglia contenuto, dovrà fare una vignetta come quella di Riccardo Mannelli. Anzi, a dirla tutta, una più bruttarella visto che Mannelli non è una matita qualsiasi, è una buona matita, di quelle che uno gli chiede di fargli una caricatura e poi si vanta con gli amici.
Il PD, coadiuvato da media asserviti e compiacenti, ha deciso di combattere una battaglia tutta sua contro la libertà di stampa e la satira in particolare.
Questo è un buon segno, da un lato, ché indica come lo stato di salute delle nostre penne, e matite, sia ottimo e riesca a colpire nel segno; a nessuno infatti passerebbe per la testa di far guerra alla satira se questa si riducesse alle vignette di Staino, per dire. Quelle vanno bene, leccano dove devono leccare.
Dall’altro lato, però, c’è un pericoloso moto di censura, un tentativo di imbavagliare che desta preoccupazione e che trova i suoi prodromi già nella stesura della legge sul cyberbullismo.
Renzi aveva spergiurato che il suo PD mai avrebbe messo bocca negli affari di mamma RAI ma, siccome Renzi è uno di parola, sta facendo l’esatto opposto. Non solo la TV nazionale ma anche la Radio sono state investite da un’ondata di novità degne di nota, portate da due figure in particolare: Daria Bignardi e Carlo Conti, ma non farò facili battute sulle donne o sugli uomini di colore, non vorrei costringere uno dei miei direttori al licenziamento.
Quanto alla TV, Bianca Berlinguer è stata fatta accomodare all’uscita, probabilmente per una questione epidermica, il PD è allergico a tutto ciò che ricordi anche solo vagamente la sinistra; stessa sorte è capitata al giornalista Luca Mercalli, reo, a suo stesso dire, di aver dato voce a critiche su temi molto cari a Renzi, quali trivelle e TAV, per dirne due.
In Radio, analogamente, c’è stata una prima botta tellurica segnalata presso lgli studi di 610 di Lillo&Greg, poi, a seguire, sono arrivate strane circolari che invitavano a spostare la satira dal focus politico a quello di costume, la qual cosa ha portato la giornalista Francesca Fornario, conduttrice di “Mamma non Mamma”, a salutare la Rai. Alla fine ha optato per non Mamma.
Renzi ha trovato un’ottima spalla nell’amico fiorentino Carlo Conti, il più adatto a rimuovere una trasmissione che si chiamasse 610, tanto più che i 70 euro per le sue lampade sono già caricati nella bolletta degli italiani, risultato massimo a costo zero.
Fin qui è tutto normale per i giornali e telegiornali di regime, non c’è scandalo.
Quando spunta, però, come un fulmine a ciel sereno, la vignetta di Mannelli sul Fatto Quotidiano, non c’è nessuno che possa mandare circolari e commissionare epurazioni, l’unica è buttare in campo la fanteria pesante. Parte, quindi, il fuoco amico di politici, giornalisti e qualunquisti a vario titolo che, cogliendo al volo la querelle nata dopo il titolo del Quotidiano Nazionale, in cui il giornalista si rivolgeva alle atlete olimpioniche del tiro con l’arco, etichettandole come cicciottelle, chiedono di veder capitolare qualche testa.
C’è un solo problema, anzi due. Primo: il titolo del Quotidiano Nazionale era di cronaca sportiva, non era un pezzo satirico. Ergo, cavalcare la prima polemica per imbastire la seconda, è come mettere su un piatto della bilancia un po’ di farina e sull’altro dello yogurt.
Secondo: il direttore del Quotidiano Nazionale, non è mai stato licenziato, come piace far credere a molti. Era già destinato al pensionamento, a fine settembre, l’hanno solo lasciato a riposo fino alla pensione. Se proprio volete augurare lo stesso destino a Travaglio, lasciatelo in pace fino a quando non diventerà un salariato dell’INPS.
Ciononostante, il coro delle indignades (facciamo contenta la Boldrini) era già bello che avviato sul sentiero di guerra. Furbescamente, testate giornalistiche e non, hanno preferito che a parlare fossero proprio le parti lese (nel senso lato del termine), ovvero le donne, femmine, XX e via discorrendo, che non ho voglia di fare il sessista proprio adesso.
La Picierno merita il primo posto, quando la classe c’è viene a galla e, di solito, ci resta. Questo il suo tweet: “Un abbraccio a @meb [Maria Elena Boschi, ndr], una donna con due attributi così. A differenza degli ominicchi a cui tocca rifugiarsi nel sessismo più schifoso #vergogna”
Geniale, è dir poco. Per encomiare la Boschi e difenderla da attacchi sessisti, la Pina le piazza due testicoli tra le gambe. Onore al merito.
Non poteva mancare poi la Boldrini, sempre in vena di vacue proposte e col monito in canna: “Uomini rinnovatevi!”. Come? Facendo sì che la satira eviti di colpire le donne? E questo il suo concetto di emancipazione? Se soltanto seguisse uno sport tipicamente maschile, come il calcio, saprebbe cos’è un autogol ed eviterebbe di infilare la sua rete con sparate tanto idiote.
Sorvolo su altre espressioni di condanna, tutte sugli stessi toni, e per le quali è possibile compendiare ogni replica nelle poche parole espresse da Dario Fo: “La satira è fatta per le persone intelligenti”. Quindi, se non la capite, non la giudicate. Evitate di pronunciarvi in merito, come fareste su questioni relative alla fisica quantistica o alle equazioni ellittiche. O ci fate la figura degli idioti.
Mi spiace dirlo, per le donne che rispetto, ma tra tante voci femminili, che hanno parlato più o meno a sproposito, il commento più arguto, porta la firma di un uomo, tale Michele Serra: “Se è il re è nudo, e lo è da un po’ di secoli, prima o poi tocca anche alla regina, perché alle pari opportunità, purtroppo, corrispondono pari inconvenienti.”
di Marco Camillieri