Halloween nelle Filippine: finti cadaveri come monito per i tossicodipendenti

Fois

Anche quest’anno Halloween è arrivato e i bambini di tutto il mondo sono scesi in strada per giocare con gli amici e per chiedere le caramelle e i cioccolatini ai citofoni e alle porte con la celebre domanda “dolcetto o scherzetto?”. La notte delle streghe, festa importata dagli Stati Uniti, ha ormai ben poco di macabro. A parte gli abiti da streghe, fantasmi e zombi, Halloween rappresenta più un motivo di divertimento che di paura o spavento.

Eppure in un lontano Paese non è così. Si tratta delle Filippine, al centro del ciclone negli ultimi mesi per le politiche intransigenti del dittatore Rodrigo Duterte, in particolare nei confronti della droga e dei tossicodipendenti. Così, in mezzo alle decorazioni, tra scheletri e zucche, compaiono anche macabri sacchi neri, i body bag, legati col nastro adesivo che ricordano le vittime della mafia americana. Molti di questi sono accompagnati da cartelli come “Non fate come me”, “Sono un drogato”, “Questa è la fine che merito”. Un gesto che ricalca a pieno la politica repressiva di Duterte che negli ultimi mesi si è macchiato della morte di 3600 ragazzi (2300 secondo il governo), uccisi dalla polizia e lasciati in strada come monito per la popolazione, durante la sua guerra contro la droga.

Le parole di un residente intervistato dalla Reuters sono esplicative di quanto sta accadendo nelle Filippine: «Halloween dovrebbe spaventarci e divertirci. In genere è popolato da fantasmi, vampiri e mostri ma penso a quello che sta avvenendo nella realtà con tutte queste uccisioni. Sono quelli i veri mostri».

di Giovanni Antonio Fois

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