Mistero irrisolto nel caso Spampinato.
Giovanni Spampinato muore a 25 anni, crivellato dai colpi sparati da due armi diverse, impugnate da un giovane, Roberto Campria, che, dopo l’omicidio, assunto un tranquillante, si autodenuncia dell’uccisione del giornalista. Nonostante l’immediata confessione la morte di Giovanni Spampinato resta ancora oggi avvolta nel mistero.
Non trova risposta la domanda principale: “Perché fu ucciso il giovane giornalista?”. L’origine della sua tragica fine, quel gioco assurdo di fili che si intrecciano nella vita di ognuno, potrebbe ritrovarsi in alcuni punti fondamentali.
Giovanni Spampinato era figlio di un partigiano, un uomo di sinistra, coerente con le sue idee, dal quale aveva attinto gli stessi sentimenti antifascisti, attualizzandoli nella realtà degli anni della sua giovinezza.
Questo suo sentire lo aveva spinto, nel periodo antecedente la morte, ad indagare, in modo particolare, sulla presenza, indisturbata, nella provincia di Ragusa, di presenze legate all’estrema destra, alle trame neo-fasciste, responsabili del fallito golpe (Borghese) del 1970.
Le indagini sull’eversione nera a Ragusa (e sulla presenza di Stefano Delle Chiaie in città) si erano intrecciate con la figura di Roberto Campria, figlio del presidente del tribunale di Ragusa, sospettato di aver avuto un ruolo nell’omicidio, ancora oggi insoluto, di Angelo Tumino, uomo del Msi, esperto in antiquariato, trovato morto nelle campagne del ragusano, che sembrava avesse avuto qualche relazione d’affare con quegli uomini della estrema destra. L’omicidio avvenne solo qualche mese prima di quello di Giovanni Spampinato e il giovane giornalista volle occuparsene, smuovendo le tranquille acque di una provincia che, seppur incuriosita dai suoi articoli, non voleva essere disturbata nella sua immota veste di tranquillità.
Gli articoli di Spampinato infastidirono molto Roberto Campria, che non voleva vedere legato il suo nome alla vicenda di Angelo Tumino e mal tollerava i dubbi sorti sulla sua persona a causa delle parole del giornalista. Tra l’altro la vicenda di Campria finì con l’interessare anche la figura del padre, presidente del tribunale di Ragusa, coinvolgendolo, in ogni caso, in una vicenda dai molti lati oscuri. Si sospettò anche che si fosse agito con poca determinazione per risolvere il caso.
In ogni caso fu dal rapporto con il Campria che scaturì la fine di Spampinato.
Giovanni incontrò il suo assassino la sera del 27 ottobre. Uscito di casa dopo una telefonata non vi sarebbe più rientrato. I due giovani si incontrarono a Ragusa e dopo essere saliti sulla cinquecento di Giovanni, si incamminarono per una strada che, allora come ora, portava verso il carcere. Mentre erano in fila in auto Roberto Campria manifestò un malore. Spampinato si fermò per accostare e permettergli di riprendersi. In quel momento Roberto Campria gli sparò, scese quindi dall’auto, lasciandolo morente, prese dei tranquillanti e, recatosi al carcere, si accusò dell’omicidio.
Secondo quanto affermato successivamente dall’assassino, le ragioni dell’uccisione risiedevano, comunque, nei sospetti avallati nei suoi confronti per l’uccisione di Angelo Tumino, che avrebbero reso la vita dell’omicida un inferno.
Quella sera, dopo tante parole, i colpi di pistola sigillarono per sempre, la possibilità di dire e di indagare di Giovanni Spampinato. Un giornalista da rispettare per il suo coraggio, le sue indagini, il suo amore per la ricerca della verità.
di Patrizia Vindigni