Antonio Ligabue (1899 – 1965)
Arte Naïf, produzione artistica priva di legami con la realtà culturale e accademica della società in cui è prodotta.
L’artista è di solito un autodidatta, privo di specifica formazione e di estrazione sociale modesta. Raramente professionista.
Antonio Ligabue, era uno di questi. Nato a Zurigo il 18 dicembre 1899, da Elisabetta Costa e da padre ignoto, fu registrato anagraficamente come Antonio Costa.
Successivamente, nel 1901, assunse il cognome del nuovo marito della madre. Leccabue, che poi fu cambiato dal pittore nel 1942, per l’odio che nutriva verso il patrigno. Da lui considerato come l’uxoricida della mamma, morta tragicamente nel 1913 insieme a tre fratelli per un’intossicazione alimentare.
Tra il gennaio e l’aprile del 1917, dopo una violenta crisi nervosa fu ricoverato per la prima volta in un ospedale psichiatrico a Pfäfers. Nel 1919 su denuncia dell’Hanselmann, fu espulso dalla Svizzera.
Da lì tormentati e inquieti anni di vagabondaggio, di irrequietezza, fino all’incontro nel 1929 con Renato Marino Mazzacurati (esponente della Scuola Romana e di correnti artistiche quali l’Espressionismo, il Realismo e il Cubismo).
Mazzacurati ne fu la salvezza, il mentore. Colui che ne comprese l’arte genuina e che gli insegnò l’uso dei colori a olio. Colui che ne fece emergere il genio, il bello dietro le “turbolenze”.
Nel 1961, si procedette all’allestimento della sua prima mostra personale alla Galleria La Barcaccia di Roma. L’11 novembre di quest’anno, cinquantacinque anni dopo, torna nella Capitale con “Antonio Ligabue (1899 – 1965)”.
L’esposizione simbolo. La mostra che attraverso quasi 100 lavori, propone un excursus storico e critico sulla sua opera. Che rappresenta oggi, una delle figure più interessanti del Novecento.
Sculture in bronzo come “Lupo siberiano” e “Leonessa”, una sezione dedicata alla produzione grafica con disegni e incisioni e una sulla sua incredibile vicenda umana. Poi le opere “Carrozza con cavalli e paesaggio svizzero”, “Tavolo con vaso di fiori” e “Gorilla con donna”.
Fino all’8 gennaio 2017, a cura di Sandro Parmiggiani e sotto la promozione della Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri.
di Sara Di Paolo