La povertà che non ci aspettavamo
Povertà. Cos’è realmente la povertà?
Etimologicamente, è considerata una limitata o insufficiente disponibilità o funzionalità. Una condizione che assume volti diversi quindi. Un’ideologia.
Principalmente è di ordine economico e include tutti coloro che si trovano ad avere un limitato accesso a beni essenziali, o primari.
Inoltre è in stretta connessione con il concetto di ricchezza. Tant’è che diversi sociologi ottocenteschi, hanno sostenuto la tesi che è la stessa agiatezza nell’ambito dell’economia industriale, a produrre l’indigenza come status sociale.
Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni. In sintesi, oppressori e oppressi. Ogni società esistita fino a questo momento, ha una storia di lotte di classe.
Ma oggi chi sono realmente i “poveri”? I clochard? Chi non ha un tetto, una macchina o l’ultimo iPhone?
A pochi giorni dal 2017, sarebbe opportuno cominciare a considerare “poveri”, principalmente coloro che stanno a guardare. O chi è scontento, eppure ha tanto. Chi può e non fa niente e soprattutto chi fino a poco tempo fa, viveva in tranquillità e non si poneva il problema di arrivare alla fine mese.
I dati divulgati recentemente dall’Istat, grazie allo studio “Condizioni di vita e reddito”, presentano una situazione assai pesante anche per tante famiglie. Peggiorata in picchiata, già nel corso del 2015.
Non si limita più ai senza tetto. Ormai sempre più italiani si rivolgono alla Caritas, per un pasto caldo. Per un piatto in tavola, che a casa propria sarebbe difficile generare.
Drammi. Fisici e mentali, che portano frustrazione, depressione, esaurimento. Sono i nuovi volti della povertà. I “nuovi poveri”. Coloro che hanno ricevuto un licenziamento immediato e non sanno come dirlo in famiglia. Chi ha un monoreddito e vive con cifre sottilissime, dilagando nell’incertezza.
Il dramma, lo sbaglio più grande, sta nel guardare tutto questo come una questione privata. Un qualcosa di estraneo alla sfera pubblica e lontano.
Eppure il divario tra i pochi che hanno un alto tenore esistenziale e i molti che vivono in condizioni di povertà, c’è ed è sempre più sottile. Tangibile e in forte espansione.
Riportare al centro della sfera collettiva queste condizioni di deprivazione, è lo step primario. La sfida cui siamo tutti chiamati, nessuno escluso. Perché gli esseri umani sono una risorsa da non sbriciolare e trascurare. Sia dal punto di vista sociale, che sanitario e lavorativo.
di Sara Di Paolo