L’ecomostro della scarica della Battaglina

Otto vasche, di cui una già pronta; tre milioni di metri cubi di capacità di stoccaggio, al ritmo di trecento tonnellate al giorno. Un’estensione complessiva di svariati ettari, nel bel mezzo dei boschi, a 150 metri di distanza da sorgenti che riforniscono i comuni limitrofi e sopra due falde acquifere. Queste le caratteristiche della presunta “Isola ecologica” Battaglina, attualmente in fase di costruzione nella piana calabrese a cavallo tra i Comuni di San Marcellinara, Borgia, San Floro e Girifalco. 

Di fatto quest’opera di dimensioni titaniche verrebbe ad essere la seconda discarica più grande d’Europa, un vero ecomostro in un territorio come la Calabria dove la ‘ndrangheta fa affari d’oro con rifiuti ed energia pulita. 

E proprio gli affari sembrano muovere le sorti di questo cantiere da tempo al centro delle polemiche, iniziato con il benestare dalla Regione nonostante l’inadeguatezza del sito prescelto e la miriade di rischi e problemi che la sua realizzazione porterebbe con sé. 

Nello specifico l’area, oltre a trovarsi in zona sismica di categoria 1, “ricade in zona boscata derivante da rimboschimento”  e “risulta distante dall’alveo del torrente a valle a circa 150 metri” come affermato nel 2009 dallo stesso Dipartimento Politiche dell’Ambiente calabrese, parere a cui sembra non essere stato dato alcun ascolto. 

Per quanto riguarda il rimboschimento, la suddetta zona era stata destinata a tale intervento in quanto soggetta a rischio idrogeologico, e posta per questo a vincolo. Recita pertanto l’articolo in materia: “Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli articoli 7, 8 e 9 possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”.

Il sito tra l’altro è già sottoposto a vincolo in quanto il 07 agosto 2007 un vasto incendio ha interessato la zona e la legge in materia parla chiaro: (art. 10 comma 1 della legge-quadro in materia di incendi boschivi 21/11/2000 n. 353) Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni. […]È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione”.  I permessi per costruire dati dai Comuni di Borgia e San Floro risultano invece successivi di alcuni mesi rispetto alla data dell’incendio.

Per questi motivi nel 2011 il Corpo Forestale aveva sequestrato il cantiere e bloccato i lavori. Successivamente, appellandosi a una richiesta del 1992 che il Comune di Borgia aveva inoltrato per un nulla osta  forestale al fine di realizzare una discarica comunale, il PM di Catanzaro nel 2012 ne ha ordinato il dissequestro. Eppure l’opera in progetto tutto sembra tranne che una discarica comunale. La verità è che la Sirim Srl, società commissionante dei lavori e futura gestrice dell’impianto ha approfittato dell’antica richiesta del Comune per aggirare gli ostacoli che la legge avrebbe imposto. La stessa denominazione di “Isola ecologica” mal si sposa con gli atti nei quali figura che “la discarica per rifiuti inerti prevede anche lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto”, un chiaro escamotage burocratico. 

Di fatto questa discarica gigante, che tratterà rifiuti anche pericolosi, costruita in un territorio inappropriato, soggetto a svariati vincoli e a ridosso dei centri abitati, tra l’altro in zona sismica di categoria 1, i cittadini calabresi non la vogliono, e hanno mobilitato in questi giorni più di 10 mila persone scendendo in piazza a ricordare alle istituzioni che l’opera è dannosa, che riversare i rifiuti dell’intero stivale in una regione come la Calabria varrebbe a darle il colpo di grazia. E quelle stesse istituzioni locali che a suo tempo diedero il via libera all’impresa, ora si schierano in difesa del territorio. Vorrebbero bloccare i lavori, ma nel frattempo questi vanno avanti, e viene da chiedersi quale sia l’impedimento, a chi spetti la decisione. 

Forse spetta al vero potere forte, quello che già da tempo in regioni come la Calabria si è sostituito a quello ufficiale: forse l’unico che da quest’opera trarrà guadagni e benefici.

di Simone Cerulli

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