Scuola: uno sciopero giusto

C’erano tantissime insegnanti, lunedì mattina a piazza SS Apostoli a Roma. C’erano tantissime professoresse, maestre, giovani e meno giovani. Molte portavano le bandiere rosse, azzurre, verdi, le bandiere dei sindacati che hanno proclamato lo sciopero. C’era, in piazza tantissima voglia di ribellarsi ad un provvedimento governativo, che non aiuta la scuola e le insegnanti, anzi ne peggiora le condizioni di vita e di lavoro.

Uno sciopero giusto. Uno sciopero necessario. Una manifestazione che ha richiamato l’attenzione sulla “questione scuola”. Una manifestazione alla quale tutte le insegnanti, di ogni ordine e grado, avrebbero dovuto partecipare. Ma molte non c’erano. Tantissime non c’erano con le scuse più banali: non voglio perdere soldi, il sindacato non fa niente, scioperare non serve ed altre frasi terribili, banali e ipocrite, dette solo per giustificare la viltà di non esserci. Mio padre mi ha insegnato che quando c’è sciopero per migliorare le condizioni di lavoro, si deve scioperare.

Lunedì 30 maggio, non è stato così per tutte e tutti. Le assenze erano più delle presenze. Ma dentro la scuola, tutti i giorni, le lamentele del personale docente e non docente, sono quotidiane. Ma quando si tratta di partecipare, manifestare, scioperare per i propri diritti, si diventa qualunquisti, ognuna pensa al suo personale tornaconto, barattando la propria dignità, dandogli un valore di circa 70 euro, che non si vogliono perdere aderendo allo sciopero. I diritti delle insegnati, professoresse e maestre, per molte di loro, valgono meno di 70euro alle quali non vogliono rinunciare, allora decidono di non scioperare.

Ma lunedì, c’erano le altre, c’erano le professoresse e le maestre che lottano per i propri diritti, che scioperano per una scuola migliore. C’erano, in piazza, con le bandiere, le insegnati che hanno una grande immensa passione e dignità. C’erano, le insegnanti che alla loro dignità danno un valore superiore alle 70euro. C’erano le insegnanti che condividevano le motivazioni giuste dello sciopero. Il Decreto Legislativo 36/22 articolo 44, deve essere letto riga per riga, perché riguarda l’istruzione. Siamo di fronte ad un atto che “ calpesta i diritti dei docenti, che stupra la libertà d’insegnamento, che riduce tutti a operai dell’industria dell’istruzione, costretti persino a formarsi dove decide l’autorità…”scrive Alex Carlazzoli.

Ma cerchiamo di capire, punto per punto questa assurda normativa che avrà come effetto, la diffidenza degli insegnanti verso la formazione.

Primo punto. Il governo ha deciso una linea di formazione obbligatoria piegata solo sulle “metodologie didattiche innovative e le competenze linguistiche e digitali”. Ma se ed utile puntare sulla formazione digitale, il governo dimentica che non c’è una rete in grado di supportare tale metodo, non c’è un computer per ogni alunno. Lo abbiamo sperimentato con la didattica a distanza. In Italia sono rare le scuole che hanno una dotazione di tablet o Pc.

Secondo punto. A decidere che corsi si faranno, sarà la Scuola di Alta formazione, un carrozzone targato Invalsi e Indire, che ci costerà due milioni di euro l’anno. Tutti sappiamo cosa fa l’Invalsi, aspettiamoci una formazione con test e quiz, visto che si dovranno fare anche le prove.

Terzo punto. La partecipazione alle attività formative si svolgerà fuori dell’orario di insegnamento. Il Decreto, dunque, aumenta l’orario di lavoro prevedendo ore aggiuntive obbligatorie sia per la formazione che per ulteriori attività integrative. Il ministro Bianchi, docente universitario, non ha mai fatto l’insegnante, quindi non sa che tra colloqui, interclasse, collegi di settore, collegi unitari, riunioni con lo psicologo di X e lo psichiatra di Y, e incontri richiesti dai genitori, corsi di formazione obbligatoria proposti dalla scuola, GLO, commissioni varie, i docenti non hanno più il tempo di preparare le lezioni.

Quarto punto. Il compenso finale una tantum verrà attribuito in maniera selettiva a circa il 40% dei docenti che hanno partecipato alla formazione. E al rimanente 60% dei docenti? E chi deciderà a chi dare i pochi spiccioli e a chi no?

Quinto punto. I soldi per retribuire questi “fortunati” o raccomandati, saranno trovati tagliando l’organico, ovvero danneggiando la scuola e gli alunni. IlDecreto cita “Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente comma si provvede mediante razionalizzazione dell’organico di diritto effettuata a partire dall’anno 2026/2027 in misura pari a 1600 posti a decorrere dall’anno 2026/2027; 2 mila posti nel 2027/2028; 2 mila posti nel 2029/2030; 2 mila posti nel 2030/2031. Sembra la scuola dei tempi della Gelmini, tagli e tagli.

Il governo ancora una volta decide sulla teste delle insegnanti, evitando qualsiasi forma di contrattazione. Don Lorenzo Milani, in “Lettera ad una professoressa” scriveva che le nostre armi solo “ lo sciopero  e il voto”. Iniziamo con lo sciopero che vale molto di più di poche decine di euro.

di Claudio Caldarelli

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