Monsignor Romero: ad ottobre santo il martire dei poveri

Il prossimo 14 Ottobre monsignor Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador assassinato il 24 marzo 1980 durante una celebrazione, sarà proclamato Santo in Vaticano. Nato a Ciudad Barrios (El Salvador) il 15 agosto 1917, fu ordinato parroco nel 1942, diventando in seguito segretario del vescovo di San Miguel. Romero fu un personaggio controverso, discusso, sicuramente scomodo nel panorama ecclesiastico del periodo.

Nominato nel 1970 vescovo ausiliare di una San Salvador scossa da un clima politico incandescente e caratterizzato dalla dittatura militare, era considerato un conservatore, un uomo di studi, non impegnato socialmente e politicamente, e non un pericolo, quindi, per i delicati equilibri di quel particolare periodo storico. Ma nel 1974 la nomina a Vescovo di Santiago de Maria, paese dello stesso stato di El Salvador tra i più poveri della nazione, provocò in lui una vera e propria “conversione”; il contatto quotidiano con un popolo stremato dalla fame e oppresso da regimi militari che cercavano, con ogni tipo di violenza e di soprusi, di mantenere la popolazione assoggettata a un ristretto gruppo di latifondisti locali, fece crescere in lui il desiderio di schierarsi dalla parte dei più deboli, e di lottare in difesa dei diritti degli ultimi.

La collaborazione con esponenti di spicco della cosiddetta “Teologia della Liberazione” (corrente di pensiero figlia di quanto sancito nel Concilio Vaticano II dove, in buona sostanza, si affermarono i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano soprattutto nei confronti dei più poveri e, quindi, di fatto, i valori di eguaglianza e fratellanza) fece maturare il lui una profonda necessità di revisione delle proprie convinzioni teologiche e delle proprie scelte pastorali. Così la nomina ad arcivescovo di San Salvador del 1977 trovò un monsignor Romero totalmente schierato dalla parte del popolo oppresso, contro quegli stessi “signori del latifondo” che lo avevano sostenuto e avevano sperato di trovare in lui un difensore della loro causa. Rifiutò la costruzione di un palazzo vescovile, preferendo una stanza nella sagrestia della cappella dell’Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati terminali di cancro, per vivere il più possibile in mezzo alla gente, e divenne il manifesto del popolo in rivolta contro la dittatura. L’evento che segnò profondamente monsignor Romero fu l’uccisione, a neanche un mese dal suo ingresso in diocesi, di padre Rutilio Grande, suo grande amico e ispiratore.

Fu in quel momento che monsignor Romero decise di scendere definitivamente in campo per combattere apertamente la propria battaglia e denunciare la terribile repressione ad opera della dittatura militare, caratterizzata da violenze di ogni genere e omicidi all’ordine del giorno, firmando così la propria condanna a morte. Le sue omelie e le sue prediche cominciarono a essere ascoltate anche nel resto del mondo, portando all’attenzione dell’opinione pubblica la terribile situazione in cui versava il paese; eppure monsignor Romero fu guardato con diffidenza anche dallo stesso Vaticano, che temeva posizioni eccessivamente politicizzate (al grido di “Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione” rivolto all’esercito e alla polizia Papa Giovanni Paolo II rispose con il monito “Guai ai sacerdoti che fanno politica nella chiesa perché la Chiesa è di tutti“). Le posizioni di Romero furono spesso interpretate come eccessive e politicizzate, ma racchiudevano in realtà l’essenza pura del cristianesimo, la difesa dei deboli e degli oppressi.

Il 23 Marzo del 1980, durante la celebrazione della messa, l’arcivescovo si scagliò con forza contro le violenze e gli assassinii, invitando apertamente gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana: “Io vorrei fare un appello particolare agli uomini dell’Esercito e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: Fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini; ma rispetto a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice “Non uccidere”. Nessun soldato è tenuto a obbedire a un ordine contrario alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: “Cessi la repressione!” Questo attacco così diretto al governo fu la goccia che fece traboccare il vaso; il giorno seguente, durante la celebrazione della messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, Romero fu assassinato con un colpo di pistola sparato dalla porta d’ingresso da un membro dei cosiddetti “Squadroni della Morte”. Durante le esequie, svoltesi alla presenza di centinaia di fedeli, l’esercito aprì il fuoco sulla folla, compiendo un vero e proprio massacro. La decisione di proclamare santo Oscar Romero è arrivata non senza che ci siano state in passato perplessità riguardo alla sua figura e il suo operato; la sua santificazione, quindi, sancirà la definitiva riabilitazione del vescovo che più degli altri ha incarnato appieno l’essenza più profonda del messaggio cristiano con il sacrificio della propria stessa vita in nome della difesa degli uomini.

di Leandra Gallinella