I migranti a Belgrado trascorrono giorni nel gelo, soli tra la neve ad aspettare

Le immagini dei migranti che nel pieno della gelida notte di Belgrado si fanno la doccia con l’acqua riscaldata in pentoloni arrugginiti sono state un po’ come quei rumori che ogni tanto ti svegliano dal torpore mentre te ne stai accoccolato sul divano di casa. Poi capisci che si tratta del figlio degli inquilini di sopra che fa le capriole sul pavimento e torni a poltrire. Siamo così abituati a sentir parlare di quelle frotte di disperati che cercano l’Eldorado in Europa (!) che ormai ne siamo quasi assuefatti. E’ come scorrere la home di Facebook, niente ci cattura veramente l’attenzione. Poi arriva un’immagine più forte delle altre ed eccolo lì il ditino solitamente avaro nel concedersi che punta dritto al link da aprire. Così sono anche le cronache dei profughi in arrivo da noi. E non è detto che il viaggio via terra sia meno pericoloso di quello via mare. Quei poveracci in Serbia lo sanno bene, e che la doccia nel freddo polare sia per loro il momento più rilassante la dice lunga su quante ne hanno passate. Il tutto per la sola colpa di essere nati in Afghanistan, Pakistan o chissà dove. L’unica è scappare ma se poi in Europa chiudono i confini eccoli lì, bloccati alle porte del Vecchio continente come mandrie allo sbaraglio. Per mesi la Serbia è stata terra di passaggio per i migranti diretti al cuore d’Europa. Poi, nella primavera scorsa, la chiusura del valico da parte di Croazia e Ungheria ha trasformato per molti Belgrado in stazione d’arrivo, un limbo dove migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini restano appesi ad un fato che non si sa cosa riserverà loro. E così da questione umanitaria mondiale diventano solo un problema di ordine pubblico per chi li dovrà gestire. Oggi circa 1200 profughi alloggiano in vecchi edifici abbandonati del centro della capitale serba, senza acqua, elettricità e riscaldamento, e con un solo pasto al giorno – che poi è quasi sempre zuppa di fagioli – distribuito dalle associazioni di volontari locali. Il freddo delle ultime settimane, poi, si è allungato su di loro con la puntualità della morte e nei vecchi depositi abbandonati, nelle stazioni dei treni in disuso e nei cantieri edili in costruzione l’unico modo per combatterlo è accendere ovunque piccoli fuochi. Non che la Serbia sia un campione dell’accoglienza. Siamo nel paese più nazionalista dei Balcani, ma per ora pare che se la stiano prendendo solo coi musulmani kosovari. I migranti sono lasciati al loro destino, in attesa del quale intanto si fanno una doccia, poi si vedrà.

di Valerio Di Marco

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