Il sogno della Siria ai mondiali

Poche emozioni possono eguagliare un gol decisivo al 93esimo. Se poi quel gol porta la tua nazione ad un passo dai Mondiali, e la tua nazione è la Siria, tutto prende una piega ancora più magica.
Omar Al Soma, attaccante siriano, sa bene di aver scritto un pezzo di storia. Perché con quel gol la Siria ha pareggiato 2-2 con l’Iran e ha agguantato il secondo posto nel girone, che vuol dire scontro diretto con l’Australia per un posto nella competizione più importante di tutte.
Dietro la magia di un gol però, c’è la realtà dei fatti. Il risultato raggiunto dai calciatori siriani è già una vittoria. Perché raggiunto mentre una guerra dilania il paese, quella guerra che ha ucciso anche tanti membri della squadra, almeno 38. Perché raggiunto da esuli. Quella siriana infatti è una nazionale senza patria. L’ultima volta che sono entrati in uno stadio di casa negli spogliatoi c’era un magazzino di armi, gli spalti erano usati come vedette.
Era lo stadio di Damasco, dove fino a pochi anni fa si giocava il campionato e i tifosi riempivano le gradinate.
Così per allenarsi e per giocare la Siria ha dovuto chiedere ad altri paesi. Lo chiese al Qatar, senza fortuna, e ad altre nazioni vicine. Solo la Malesia, quasi 7000 km più lontana, ha detto sì. E la Siria, il suo pezzo di storia, lo sta scrivendo nello stadio di Malacca.
“Se non succede facciamo festa lo stesso. Però siamo veramente ad un passo” ammette Omar Khiribin, centrocampista di 23 anni. Il suo compagno di nazionale, Jaber al-Kurdi, ha raccontato di essere stato torturato, Jihad Qassab invece è stato arrestato ed è svanito nel nulla.
Omal Al Soma gioca e segna anche per loro. Gioca e segna anche per il paese in cui è nato, Deir el-Zor. 450 km da Damasco, un tempo 250.000 abitanti. Era la gemma della regione: il ponte sull’Eufrate, la Chiesa del Genocidio Armeno, il Museo della Mesopotamia, l’università e il politecnico. Tutto spazzato via dai terroristi.
Oggi il nodo cruciale dell’avanzata contro l’Isis. Un’altra partita da vincere. Insieme a quella per i Mondiali.

di Lamberto Rinaldi