Nel 2017, i bambini vengono usati come arma da guerra

Bilanci di fine anno e considerazioni obbligatorie su ciò che di buono si è fatto in 365 giorni: banali o forzate se si tratta di un singolo, obbligatorie se si opera in maniera più ampia cercando di migliorare le condizioni di vita altrui. L’Unicef, che si occupa della difesa e dell’assistenza ai bambini, ha stilato un report sulle violenze subite durante il corso dell’ultimo anno dai bambini che vivono in zone di guerra. Quello che emerge è che ancora oggi, moltissimi paesi continuano a violare i diritti umanitari internazionali, reclutando negli eserciti bambini, costringendoli a compiere attacchi suicidi, utilizzandoli come scudi umani, rendendoli oggetti di rapimenti e violenze. La schiavitù dei minori è una pratica che rientra proprio nella guerra in paesi come Siria, Nigeria, Iraq.

Ventisette milioni è il numero di bambini che nel 2017 sono stati costretti a lasciare le loro vite, la loro famiglia, la loro quotidianità scolastica, perché coinvolti a livelli diversi nei conflitti; lasciati, conseguentemente, in condizioni di totale indigenza, privi di quelle cure e attenzioni, alimentari e non, di cui un minore ha diritto. Non c’è da stupirsi se si considera l’indifferenza con cui gruppi armati attaccano, a volte volutamente, proprio luoghi in cui i bambini trascorrono gran parte delle loro giornate, come le scuole. Una prassi, una normalità atroce a cui in alcune zone del mondo chi apre gli occhi alla vita impara tristemente ad abituarsi: realtà che il mondo non può accettare come “normali”.

I numeri raccontano di settecento bambini afghani uccisi nei primi nove mesi del 2017, quattrocento scuole attaccate nella Repubblica Democratica del Congo con 850mila bambini sfollati, 19mila minori reclutati in gruppi armati dal 2013, in Sudan, 1,8 bambini che soffrono di malnutrizione in Yemen, a seguito della guerra civile.

L’Unicef, nello stilare il rapporto, ha richiamato i potenti della terra ad attivarsi con la loro influenza per fermare questa scala di violenza infantile. Un obbligo, più che una raccomandazione, che non può più essere rimandata.

di Giusy Patera

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