La cooperazione e il problema della destinazione dei fondi

Aiutiamoli a casa loro, l’argomento ricorrente del discorso politico italiano, è privo di significato. O meglio, l’idea di contribuire al miglioramento delle condizioni di milioni di persone e, per questa via, evitare che a centinaia di migliaia abbandonino le loro case alla ricerca di un futuro nei paesi più ricchi, è sacrosanta.

Purtroppo, però, si tratta di enunciazioni vuote e continuamente contraddette dall’azione di chi quei discorsi propaganda.

E’ sicuramente vero che i fondi destinati allo sviluppo, dopo le riduzioni operate dai governi di centrodestra, sono aumentati costantemente negli ultimi anni. Il problema è la destinazione reale di quei soldi.

Una grossa fetta di questi Aiuti Pubblici allo Sviluppo (ASP) resta nei Paesi ricchi che li utilizzano per gestire l’accoglienza a rifugiati e richiedenti asilo.

Si tratta di costi che, logicamente, dovrebbero ricadere su altri capitoli di spesa. E’ quantomeno bizzarro pagare le spese di accoglienza e integrazione con i soldi destinati a migliorare le condizioni di vita nei paesi di provenienza allo scopo, anche, di ridurre le migrazioni.

Ma non basta. Prendiamo il fondo straordinario per l’Africa, dotato di 200 milioni di euro. Questo, accanto ad azioni di cooperazione internazionale, finanzia operazioni di controllo e prevenzione dei flussi di migranti irregolari in Niger, Libia e Tunisia. Sostanzialmente, un fondo destinato allo sviluppo delle popolazioni in difficoltà è utilizzato per finanziare il contrasto all’immigrazione e i controlli alle frontiere.

Al Niger, attraverso il Fondo Fiduciario Europeo, sono stati destinati 50 milioni di euro per la creazione di unità specializzate al controllo dei confini e alla creazione di nuovi posti di frontiera. Si tratta di una scelta miope che non ferma i migranti ma li spinge su rotte non battute con il conseguente aumento di morti nel deserto.

Il governo italiano ha stanziato più di dodici milioni di euro per finanziare la riparazione di quattro motovedette destinate guardia costiera libica, non certo conosciuta e apprezzata per la gestione del fenomeno migratorio.

Allo stesso modo, dodici milioni di euro sono finiti alla Tunisia per finanziare pattugliamenti costieri, sistemi di rilevamento delle impronte digitali, operazioni di pattugliamento.

Riassumendo le risorse destinate alla cooperazione, finiscono per finanziare l’esternalizzazione e la militarizzazione delle frontiere.

Sappiamo delle continue violazioni dei diritti umani che questa esternalizzazione ha comportato. Abbiamo visto le immagini dei lager libici. Com’è possibile che tutto questo accada con fondi istituiti per promuovere il principio di cooperazione e dialogo?

E’ questo il modo di aiutarli a casa loro? E’ attraverso queste azioni che è possibile favorire il progresso economico e sociale in Africa? E’ per questa via che si migliorano le condizioni di vita dei popoli africani?

di Enrico Ceci

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